Rogo del Corano, l’Interpol avverte: “Rischio attentati in tutto il mondo”

WASHINGTON – Si rischiano attentati se davvero il pastore Usa Terry Jones procederà al Koran Burning Day domani, l’11 settembre. Lancia l’allarme l’Interpol, in un comunicato inviato ai 188 stati membri. “La probabilità che dopo si verifichino attentati contro persone innocenti è elevata”.

“Sebbene non conosciamo i dettagli è certo che bruciare il Corano avrà conseguenze tragiche e potrà costare la vita a molte persone”, ha spiegato il segretario generale dell’Interpol Ronald Noble. Tutti i paesi membri dell’Interpol sono chiamati a comunicare possibili indizi di piani terroristici. Gli stessi addetti della centrale dell’Interpol sono già ora in stato di allerta.

Il pastore evangelico Jones, in Florida, ha annunciato che brucerà una copia del Corano domani nell’anniversario degli attentati dell’11/9. Un’iniziativa condannata dal presidente americano Barack Obama. Per il leader della Casa bianca bruciare una copia del Corano provocherebbe “gravi violenze” e sarebbe un aiuto per al Qaeada. Il monito di Obama si aggiunge a quella di diversi leader politici e religiosi, e dello stesso Vaticano.

Un tale atto, ha detto Obama, potrebbe portare a “gravi violenze” contro le truppe americane in Iraq e Afghanistan e sarebbe “una manna per il reclutamento di al Qaeda”. Il capo della Casa Bianca si è poi rivolto a Jones: “Se mi sta ascoltando, spero che capisca che quello che si propone di fare è completamente contrario ai nostri valori. Questo paese è stato costruito sulla nozione di libertà e tolleranza religiosa”. Spero che Jones capisca che il suo “è un atto distruttivo”, ha aggiunto.

Le parole di Obama si aggiungono all’allarme lanciato dal generale Usa David Petraeus, comandante delle forze americane in Afghanistan: “Temiamo che le immagini del Corano in fiamme vengano usate nello stesso modo con il quale gli estremisti usarono le immagini di Abu Ghraib – ha detto il generale in un’intervista alla rete televisiva Nbc – verrebbero usate da chi ci augura del male, per incitare alla violenza e infiammare l’opinione pubblica contro di noi e la nostra missione in Afghanistan, così come altre nostre missioni nel mondo”.

Anche sul piano internazionale aumentano le pressioni verso Washington, cui i Paesi islamici chiedono di intervenire per bloccare l’iniziativa del pastore.
Susilo Bambang Yudhoyono, presidente dell’Indonesia (Paese con il più grande numero di musulmani al mondo), ha scritto una lettera ad Obama sottolineando i rischi di un gesto come quello prospettato dal pastore: ’’è profonda la preoccupazione che il rogo inneschi un conflitto tra le religioni’’ rischiando di ‘’vanificare gli sforzi per costruire relazioni tra l’Occidente l’Islam’’. Proteste anche dal Pakistan e dall’India, che per il timore di violenze ha invitato i media a non diffondere la notizia dell’evento.

“Chiunque abbia pensato un così vile gesto deve avere una mente e un cuore malati” ha affermato il presidente pakistano Asif Ali Zaradri, secondo cui il Koran Burning Day “infiammerà i sentimenti dei musulmani di tutto il mondo e causerà danni irreparabili all’armonia interreligiosa e alla pace mondiale”. Il presidente pakistano ha chiesto al governo Usa di prendere provvedimenti per fermare “questo gesto immotivato e oltraggioso”.

Intanto i gruppi radicali islamici preparano le contromosse. L’ex capo di ‘Islam4UK’, Anjem Choudary, bandito dalle autorità britanniche a gennaio, esorta a bruciare le bandiere a stelle e strisce davanti alle ambasciate Usa nel mondo. Come riferisce Sky News, l’uomo ‘’si sta rivolgendo ai leader di altri gruppi islamici in Belgio, Svizzera, Indonesia e ovunque, che hanno in programma proteste simili”.

Un duro avvertimento anche dal clero sciita iraniano. Il grande ayatollah Lotfollah Safi Golpayegani, uno dei più influenti religiosi della Repubblica Islamica, ha messo in guardia Washington dalle “terribili conseguenze” che si scatenerebbero nel caso in cui il pastore darà seguito al piano.

Dall’Egitto, i Fratelli Musulmani chiedono ai paesi islamici di espellere i diplomatici Usa. “Questa è follia – ha dichiarato il loro portavoce Mohamed Mursi – quest’uomo è un criminale che si muove al di fuori di qualsiasi religione”.

“E’ necessario che i musulmani mostrino la propria ira contro il Koran Burning Day” ha avvertito il noto telepredicatore e ideologo dei Fratelli Musulmani, Yusuf Qaradawi, in un discorso trasmesso dalla tv araba ‘al-Jazeera’. “E’ doveroso da parte della nostra comunità difendere i simboli sacri – ha affermato – e la cosa più sacra per i musulmani è il Corano e il nostro profeta Muhammad. Vediamo come violano la sacralità del Corano e offendono il profeta con le loro caricature, ma la nostra comunità non può restare zitta davanti a tutto ciò. E’ necessario che dimostri la propria rabbia in difesa della sua religione. E’ necessario che mostri la sua ira per Muhammad e per il suo Corano”.
Contro l’iniziativa di Jones si è già schierato il Vaticano ma il pastore della Florida ha ribadito di non voler cambiare idea.

LA STORIA


2974 vittime di 90 nazionalità

Gli attentati dell’11 settembre 2001 sono stati quattro attacchi suicidi da parte di terroristi di al-Qa’ida contro obiettivi civili e militari nel territorio degli Stati Uniti d’America. La mattina dell’11 settembre 2001, 19 affiliati all’organizzazione di matrice islamica al-Qa’ida dirottarono 4 voli civili commerciali. I dirottatori fecero schiantare 2 degli aerei sulle torri 1 e 2 del World Trade Center di New York, causando il collasso dei grattacieli e conseguenti gravi danni agli edifici vicini. Il terzo aereo fu fatto schiantare contro il Pentagono.

Il quarto, diretto contro il Campidoglio o la Casa Bianca a Washington, si schiantò in un campo in Pennsylvania, dopo che passeggeri e membri dell’equipaggio ebbero tentato di riprendere il controllo del velivolo. Oltre ai 19 dirottatori, vi furono 2974 vittime come conseguenza immediata degli attacchi, mentre i dispersi furono 24. La gran parte delle vittime erano civili, appartenenti a 90 diverse nazionalità. Gli attacchi ebbero grandi conseguenze a livello mondiale: gli Usa risposero dichiarando la “Guerra al terrorismo” e lanciando una invasione nell’Afghanistan controllato dai Talebani, accusati di aver ospitato i terroristi. Il parlamento fece passare lo Usa Patriot Act mentre altre nazioni rafforzarono la loro legislazione anti-terroristica, incrementando i poteri di polizia.


La ricostruzione del World Trade Center è stata problematica a seguito di controversie sorte riguardo i possibili progetti. La scelta della Freedom Tower per la ricostruzione del sito ha subito ampie critiche, conducendo all’abbandono di alcune parti del progetto originario. Recente la proposta della costruzione di una moschea a Ground Zero, duramente contestata dai parenti delle vittime.

I RETROSCENA


Il documentario choc di Moore


Fahrenheit 9/11 è un film-documentario del 2004 diretto da Michael Moore. A causa delle critiche espresse contro l’amministrazione Bush il film suscitò polemiche e opinioni contrastanti alla sua uscita.
Il film verte sui legami segreti tra la famiglia del presidente degli Stati Uniti George W. Bush e la famiglia Bin Laden, ponendo l’accento su quelle che, a detta del film, sono state strumentalizzazioni politiche degli attentati dell’11/9, con le seguenti campagne militari Usa in Afghanistan ed Iraq. In merito ai legami fra le famiglie Bush e Bin Laden, il film cita una serie di fonti che evidenziano che la famiglie Bush e Bin Laden erano entrambe investitori del Gruppo Carlyle. Dopo gli attentati dell’11 settembre, la famiglia Bin Laden fu costretta dalla direzione del Gruppo a liquidare le proprie quote. Bush Senior fu Senior Advisor nel Carlyle Asia Board per due anni, e la famiglia Bin Laden nominò nel 1976 James Bath, amico dei Bush, amministratore degli investimenti della famiglia in Texas. La mattina del’11 settembre George Bush Sr. e Shafiq bin Laden erano fra i presenti alla conferenza annuale degli investitori del Gruppo Carlyle, al Ritz-Carlton hotel in Washington, DC.


Fra il 14 e il 24 settembre 2001, 6 voli charter riportano in patria 142 persone di nazionalità saudita, dei quali 24 erano membri della famiglia Bin Laden, altri della casa regnante Saudi. Il 14 settembre, tre sauditi rientrarono in patria con un volo dal Tampa International Airport a Lexington, Ky, con successivo cambio per l’Arabia Saudita. Uno di questi voli, il 20 settembre, rimpatriò 26 persone, la maggior parte delle quali appartenenti alla famiglia Bin Laden.


Il film ha rischiato fino all’ultimo di non essere proiettato negli Stati Uniti, in quanto la Walt Disney Company, produttrice, si è pentita e ne ha bloccato la distribuzione. Successivamente il film, che nel frattempo ha trovato distributori in tutto il mondo (gli USA sono stati il penultimo paese, prima solo dell’Albania), è stato acquistato dalla Miramax.