“Ne valeva la pena”, un libro sulla vita di don Arturo Paoli

LUCCA – È uscito il libro “Ne valeva la pena” sulla vita di Don Arturo Paoli, edito dalle Edizioni Paoline e scritto da Silvia Pettiti (laureata in giurisprudenza, giornalista, segretaria dal 2001 al 2005 del religioso e curatrice della redazione di alcuni suoi scritti). Paoli, lucchese classe 1912, è un presbitero, missionario italiano, appartenente alla congregazione dei Piccoli Fratelli del Vangelo.

“Nel vale la pena” è uno scritto fondamentale per capire non solo il percorso di vita di Padre Arturo paoli ma anche la realtà europea e latinoamericana. Il sacerdote, infatti, ha vissuto gli anni della seconda guerra mondiale, dell’occupazione tedesca ed è stato militante nella gioventù di Azione Cattolica nel dopoguerra (Paoli è Giusto tra le Nazioni per il suo impegno a favore degli ebrei perseguitati durante la seconda guerra mondiale). Poi è salpato per l’America Latina, dove ha incontrato la repressione dei generali argentini ed ha vissuto nei più remoti paesini del Venezuela e del Brasile, riorganizzando la vita delle comunità locali e aprendo case di accoglienza e formando giovani.


– La vita di Arturo Paoli – scrive Walter Veltroni nella sua prefazione – è un incessante slancio vero gli ultimi: l’avvio di iniziative sociali, di forme di cooperazione produttiva, sulla spinta di una pastorale illuminata dalla radicalità del Vangelo piú che adagiata sulla tradizione devozionale di importazione europea. Da qui l’appoggio dei vescovi piú avanzati e l’ostilità di quelli moderati; i rapporti con i teologi della liberazione, l’attività di predicazione e di animazione spirituale che svolge, nelle vesti di piccolo fratello di Foucauld, percorrendo in lungo e in largo il subcontinente americano.


In Argentina vive a Fortin Olmos, tra i boscaioli che lavorano per una compagnia inglese del legname. Quando la compagnia abbandona il territorio lasciando senza lavoro la manovalanza locale, Arturo organizza una cooperativa per permettere ai boscaioli di continuare a vivere sul posto; è uno dei primi scontri con le autorità politiche ed economiche del luogo. Nel 1969 viene scelto come superiore regionale della comunità latinoamericana dei Piccoli Fratelli e si trasferisce vicino a Buenos Aires. Nel 1971 si trasferisce a Suriyaco, zona poverissima dove inizia il suo sodalizio con il vescovo Enrique Angelelli, la voce più profetica della Chiesa argentina negli anni della dittatura militare. In Argentina, il peronismo colpisce anche Arturo: accusato di essere trafficante d’armi con il Cile di Salvador Allende, viene inserito in una lista di persone da eliminare, su di un manifesto affisso lungo le strade di Santiago. Arturo rientrerà in Argentina solo nel 1985. Nel frattempo vive in Venezuela, prima a Monte Carmelo, poi alla periferia di Caracas.

Successivamente, con l’allentarsi della dittatura militare in Brasile, si trasferisce dal 1983 a Sao Leopoldo, dove si occupa dei problemi legati alle donne, soprattutto prostitute. Nel 1987 si trasferisce a Foz do Iguaçu, nel barrio di Boa Esperança, dove costituisce una comunità, che sarà poi sostenuta dall’ Associazione Fraternità e Alleanza, un ente di solidarietà con cui dare dignità alla popolazione emarginata; nel 2000, all’Associazoine si unisce la Fondazione Charles de Foucauld, rivolta in maniera specifica ai giovani poveri del barrio.