“Et in terra Pax”, il cinema italiano al Tokyo International Festival

Ottime recensioni e tantissimi applausi. Un’ambientazione pasoliniana per un progetto low budget. Dopo il successo incassato alla 67esima edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia e l’entusiasmo incontrato alla proiezione del film a Roma (è in programma questa sera a Milano), “Et in terra pax” di Matteo Botrugno e Daniele Coluccini è pronto per il Tokyo International Film Festival. L’opera dei due giovani registi sarà infatti in concorso al festival cinematografico internazionale che si tiene nella capitale orientale dal 1985 e che prenderà il via il prossimo 23 ottobre.

“E’ l’unico film italiano in concorso, almeno per ora – spiega Matteo che come Daniele è romano, ha 29 anni, laureato al Dams, diplomato in conservatorio e ora si sta specializzando in cinema – il nostro è un film crudo, cruento e non ha niente a che fare con il sacro. Il titolo del film che si rifà a un movimento del ‘Gloria’ di Vivaldi che tenevo come sottofondo mentre buttavo giù delle idee, è stato scelto proprio per rimarcare un contrasto tra la musica sacra e il racconto profano”.

Matteo e Daniele parlano con entusiasmo dell’esperienza in Laguna dove il lungometraggio è stato accolto con 15 minuti di applausi: “Il nostro film è stato presentato nella sezione ‘Giornate degli Autori – Venice Days’. È stato accolto nel migliore dei modi e non possiamo che esserne felici. Una gioia inaspettata. Ora siamo ancora più emozionati: Venezia è stato un punto di partenza ma a Tokyo ‘Et in terra pax’ sarà in concorso. E sarà tutta un’alta storia”. “Il film – raccontano i registi – racconta una serie di realtà, una Roma diversa da quella che siamo abituati a vedere sul piccolo e grande schermo. E’ un film che emoziona e vuole dare una speranza a chi come noi ha deciso di fare questo mestiere, a chi come noi ha belle sceneggiature nel cassetto e fa fatica a trovare spazi. A chi ha il coraggio di affrontare problematiche produttive e quelle legate alla distribuzione. Oggi dobbiamo ringraziare chi ha creduto in noi: i produttori Simone Isola e Gianluca Arcopinto. Al momento non abbiamo ancora una distribuzione ma speriamo di riuscire anche ad arrivare in sala”.

“Et in terra pax” racconta tre storie parallele che scopriremo poi legate fra di loro dal filorosso della droga e della criminalità, ed è ambientato in una periferia romana, a Corviale: “Siamo a Roma sì, ma potremmo essere ovunque – precisa Matteo Botrugno – Corviale è stata un’ottima location ma quella che raccontiamo è una storia che potrebbe accadere in qualsiasi periferia del nostro Paese e non solo”. Per la marginalità urbana e la violenza che racconta, il film è stato definito “pasoliniano”. A questo proposito Matteo spiega: “Pasolini rappresenta per noi un riferimento poetico, letterario e soprattutto umano. Ci fa piacere che ci abbiano accostato a lui. Ci unisce l’ambientazione del film, la scelta della periferia. Per il resto siamo lontani dal regista: sono passati 60 anni e le borgate romane non sono più quelle che raccontava Pasolini”

. Ad ispirare i due registi è soprattutto “il cinema orientale”: “Abbiamo lavorato molto sull’immagine – spiegano a proposito di ‘Et in terra pax’ – studiato per rendere epici i personaggi. Abbiamo cercato di fare un cinema raffinato: di raccontare la violenza più che mostrarla. C’è l’uso delle carrellate e una grande attenzione per la fotografia. Il linguaggio – concludono – è romano ma senza sconti: greve e volgare”. Matteo Botrugno e Daniele Coluccini sono amici da sempre, “altrimenti sarebbe impossibile una cooregia”, e in comune non hanno solo la passione per il cinema: “In realtà è scattato prima l’amore per la musica e poi per il cinema – racconta Matteo – in fondo però la musica è ritmo e il ritmo è fondamentale nel cinema”.