Momento di riflessione per l’Anp di Abu Mazen

Poche ore dopo che era scaduta la moratoria sulle costruzioni nelle colonie in Cisgiordania, i coloni hanno ricominciato a edificare. Nonostante ciò, il presidente palestinese, Abu Mazen, ha fatto sapere da Parigi che rinvia ogni decisione in merito al proseguimento dei colloqui al 4 ottobre, quando incontrerà i leader della Lega Araba.

“Prima del 4 ottobre ci sarà alcuna risposta ufficiale palestinese”, ha detto il suo portavoce, Nabil Abu Rudeina, poco prima che Abu Mazen incontrasse il presidente francese Nicolas Sarkozy. “Siamo in contatto continuo con l’amministrazione Usa e gli sforzi statunitensi sono intensi, ma aspettiamo una parola chiara da Israele così da poter dare una risposta chiara e definitiva”. E ha ripetuto la posizione di sempre: “Siamo pronti a negoziati seri, ma l’attività di insediamento deve fermarsi immediatamente. Questo è l’unico modo per continuare colloqui fruttuosi”.

Nonostante le pressioni internazionali andate avanti per settimane, il premier Benjamin Netanyahu non ha cambiato la posizione e non ha esteso la moratoria sulle nuove costruzioni in Cisgiordania, formalmente conclusa a mezzanotte. Proprio pochi minuti dopo la mezzanotte, Netanyahu ha fatto appello ad Abu Mazen per il prosieguo dei colloqui, iniziati all’inizio del mese. E Abu Mazen ha risposto immediatamente: “Netanyahu deve decidere di congelare gli insediamenti, per creare un clima adeguato al proseguimento dei colloqui”. Ma così non è stato. E poco dopo l’alba, l’attività di costruzione è ripresa in una dozzina di insediamenti di piccole dimensioni. Una ruspa è stata vista alla periferia di Adam, a nord di Gerusalemme; un’altra che preparava le fondamenta a Kohav HaShahar, a nord-est di Ramallah. Un bulldozer è stato visto anche a Shaar Binyamin, vicino a Ramallah. I coloni hanno cominciato ad operare anche ad Ariel, uno degli insediamenti sui quali si era concentrata molta della polemica nei mesi scorsi e dove le case previste sono una cinquantina, destinate a famiglie evacuate nel 2005 dalla colonia di Netzarim, nella Striscia di Gaza.

La scadenza della moratoria significa che chiunque avesse ottenuto un permesso prima della moratoria può mettersi a lavorare. Tuttavia, per ragioni pratiche (la festa del Sukkot, durante la quale gli ebrei non dovrebbero lavorare), il ritmo di edificazione dovrebbe essere lento. E questo darà il tempo alle diplomazie, sollecitate da quella americana, di trovare un’imtesa. Il lavorio è costante. Nelle ultime ore, il segretario di Stato Usa, Hillary Clinton, ha telefonato a Netanyahu per rinnovargli l’invito a mantenere il congelamento della costruzione di nuovi insediamenti. La Clinton ha parlato anche con l’inviato del Quartetto di Madrid per il Medio Oriente, Tony Blair; e Netanyahu ha avuto un contatto con il presidente egiziano Hosni Mubarak e il re Abdyullah II di Giordania. Dunque, la speranza è ancora appesa a un filo.