I fantasmi di Prandelli: “Temevo che finisse tutto quanto in tragedia”

Un nuovo Heysel. È quel che è convinta di aver evitato la polizia italiana,ma anche il terrore che ha percorso la mente di Cesare Prandelli mercoledì sera durante Italia-Serbia. “Quando ho visto gli ultras che provavano a sfondare la vetrata e la gente che scappava terrorizzata, ho avuto davvero paura. In situazioni del genere, basta poco per trasformare tutto in tragedia”. L’ex centrocampista Juve era in campo quella drammatica sera del 29 maggio ’85 a Bruxelles, 39 morti il bilancio finale e un partita surreale che per molti non si sarebbe dovuta giocare. Ben diverso l’esito della notte di follia serba a Genova: solo feriti (16), fortunatamente, e una partita durata appena 6′.

“Noi però volevamo giocare”, ha detto ieri Prandelli, il volto di chi non ha dormito nella notte più brutta del calcio europeo. “Tutti sapevano che gli hooligan avrebbero impedito la partita? Noi no. Non so cosa deciderà l’Uefa, aspettiamo con serenità – dice a proposito delle sanzioni in arrivo, a chi gli ricorda dei 5 anni inflitti all’Inghilterra in occasione d’Heysel – Ma è chiaro che quella è gente che non ha nulla da perdere e perciò è disposta a tutto. Veri delinquenti, immagino con problemi sociali e politici. I giocatori della Serbia erano impreparati e impauriti, abbiamo chiesto loro di andare sotto la curva a calmare la gente. Applausi e segni nazionalisti? Non so, ma è chiaro che sono sotto scacco. Hanno le famiglie, devono tornare in Serbia e rischiano di ritrovarsi quella gente sotto casa. Sono stati costretti ad assecondarli”.

Lo disse Capello mesi fa, il calcio italiano è ostaggio degli ultras. Oggi emerge che non è solo la serie A. “Situazioni del genere le abbiamo vissute anche noi, anche se non così gravi. In certe città ci sono pesanti condizionamenti, è inutile negarlo – la considerazione del ct – Bisognerebbe tornare ad essere liberi di parlare e dire quel che pensi. E invece se perde una partita, per un giocatore è difficile uscire la sera a mangiare la pizza con i figli,magari non si dice ma è così. Però qualche anno fa la situazione era peggiore, le parole di Capello non sono cadute nel vuoto, ora si sta lavorando e lemisure vanno nella giusta direzione”.

Ripropone il modello Fiorentina, dialogo e tolleranza zero. “Professione ultras? Io di hooligan ‘stipendiati’ non ne conosco. Non bisogna aver paura di fronte a questa violenza, nè si può immaginare un calcio senza tifoserie organizzate – la sua convinzione – Certo, sarebbe bello uno stadio tutto di famiglie e bambini. L’esperienza di Firenze insegna: i Della Valle hanno chiarito subito, un gesto di violenza e lasciamo la società. Ma se si parla con i capi tifosi e si capiscono le loro esigenze, sono i primi a fermare scintille di violenza. Bisogna lavorare sui tifosi del futuro, oramai il mondo adulto è malato. Intanto, non si può intervenire quando è troppo tardi”.

È il discorso della prevenzione, il sasso lanciato da Prandelli. “Ma non mi riferivo a quel che è successo nell’immediato prepartita – spiega ora – Se la polizia ha ritenuto di non intervenire per le strade di Genova, evidentemente era per non danneggiare i cittadini. Il fatto è che non si deve arrivare a quel punto”. Al capo ultras arrestato nella notte, “chiederei se ha una famiglia e dei fratelli più piccoli, e come immagina il suo futuro”. A uno dei tanti bambini “che quel ricordo gli rimarrà a lungo, ma poi il calcio continuerà e sarà un divertimento”. Ma lo spettro di una nuova tragedia come l’Heysel è sempre lì.