Sono quasi 5 milioni gli immigrati in Italia

ROMA – In 20 anni, gli immigrati regolari in Italia sono aumentati di 20 volte: erano mezzo milione nel 1990, sfiorano i 5 milioni nel 2010 (7 per cento dei residenti). Insieme al numero degli immigrati, anche a causa della crisi, «sono aumentate le reazioni negative, la chiusura, la paura», nei loro confronti da parte degli italiani.

Lo afferma l’annuale rapporto sull’ immigrazione della Caritas Italiana e della Fondazione Migrantes, giunto alla ventesima edizione («Dossier 1991-2010: per una cultura dell’altro»). Oltre un ottavo degli immigrati, quasi 600 mila, sono di seconda generazione. Un immigrato su quattro vive in Lombardia (982.225; 23,2 per cento). Roma (405.657) perde il primato di provincia col più alto numero di immigrati a vantaggio di Milano (407.191).

Sono poco meno di cinque milioni ma il loro numero viene percepito come nettamente superiore. Contribuiscono alla produzione del Pil per l’11,1%, versano alle casse dello stato quasi 11 mld di contributi l’anno, incidono per circa il 10% sul totale dei lavoratori dipendenti ma sono sempre più attivi anche nel lavoro autonomo e imprenditoriale, dove riescono a creare nuove realtà aziendali anche in questa fase di crisi.


A tracciare la fotografia della presenza degli immigrati nel nostro paese è il Dossier Statistico Caritas/ Migrantes, giunto alla sua ventesima edizione e presentato a Roma, da cui risulta che il loro numero è triplicato nell’ultimo decennio ed è aumentato di quesi un milione nell’ultimo biennio.


All’inizio del 2010 l’Istat ha registrato 4 milioni e 235mila residenti stranieri, ma, secondo la stima del Dossier, includendo tutte le persone regolarmente soggiornanti seppure non ancora iscritte in anagrafe, si arriva a 4 milioni e 919mila, ovvero 1 immigrato ogni 12 residenti. L’aumento dei residenti, rileva il Dossier caritas/Migrantes, è stato di circa 3 milioni di unità nel corso dell’ultimo decennio, durante il quale la presenza straniera è pressoché triplicata, e di quasi 1 milione nell’ultimo biennio. Intanto, però, denuncia il Rapporto, complice la fase di recessione, sono cresciute anche le reazioni negative.


Gli italiani sembrano lontani, nella loro percezione, da un adeguato inquadramento di questa realtà. Nella ricerca Transatlantic Trends (2009) mediamente gli intervistati hanno ritenuto che gli immigrati incidano per il 23% sulla popolazione residente (sarebbero quindi circa 15 milioni, tre volte di più rispetto alla loro effettiva consistenza) e che i “clandestini” siano più numerosi dei migranti regolari (mentre le stime accreditano un numero attorno al mezzo milione).


Distribuzione – La Lombardia accoglie un quinto dei residenti stranieri (982.225, 23,2%). Poco più di un decimo vive nel Lazio (497.940, 11,8%), il cui livello viene quasi raggiunto da altre due grandi regioni di immigrazione, il Veneto con 480.616, 11,3% e l’ Emilia Romagna con 461.321, 10,9%, mentre il Piemonte e la Toscana stanno un po’ al di sotto (rispettivamente 377.241, 8,9% e 338.746, 8,0%). Roma, che è stata a lungo la provincia con il maggior numero di immigrati, perde il primato rispetto a Milano (405.657 rispetto a 407.191). L’incidenza media sulla popolazione residente è del 7%, ma in Emilia Romagna, Lombardia e Umbria si va oltre il 10% e in alcune province anche oltre il 12% (Brescia, Mantova, Piacenza, Reggio Emilia). Le donne incidono mediamente per il 51,3%, con la punta massima del 58,3% in Campania e del 63,5% a Oristano, e quella più bassa in Lombardia (48,7%) e a Ragusa (41,5%).


Minori e Seconda Generazione – Tra gli immigrati in Italia quasi un milione (932.675) sono minorenni. Oltre un ottavo dei residenti stranieri (572.720, 13%) è di seconda generazione, per lo più bambini e ragazzi nati in Italia, nei confronti dei quali l’aggettivo “straniero” è del tutto inappropriato, in quanto accomunati agli italiani dal luogo di nascita, di residenza, dalla lingua, dal sistema formativo e dal percorso di socializzazione. A differenza della chiusura su altri aspetti, gli italiani sembrano essere più propensi alla concessione della cittadinanza a chi nasce in Italia seppure da genitori stranieri. I figli degli immigrati iscritti a scuola sono 673.592 e incidono per il 7,5% sulla popolazione scolastica.


Titolari del 3,5% delle imprese – Gli immigrati, rileva ancora il Dossier caritas/Migrantes, assicurano allo sviluppo dell’economia italiana un contributo notevole: sono circa il 10% degli occupati come lavoratori dipendenti, sono titolari del 3,5% delle imprese, incidono per l’11,1% sul prodotto interno lordo (dato del 2008), pagano 7,5 miliardi di euro di contributi previdenziali, dichiarano al fisco un imponibile di oltre 33 miliardi di euro. Il rapporto tra spese pubbliche sostenute per gli immigrati e i contributi e le tasse da loro pagati (2.665.791 la stima dei dichiaranti) va a vantaggio del sistema Italia, specialmente se si tiene conto che le uscite, essendo aggiuntive a strutture e personale già in forze, devono avere pesato di meno. Le entrate assicurate dagli immigrati, invece, si avvicinano agli 11 miliardi di euro (10,827): 2,2 miliardi di tasse, 1 miliardo di Iva, 100 milioni per il rinnovo dei permessi di soggiorno e per le pratiche di cittadinanza, 7,5 miliardi di euro per contributi previdenziali. Va sottolineato che negli anni 2000 il bilancio annuale dell’Inps è risultato costantemente in attivo (è arrivato a 6,9 miliardi), anche grazie ai contributi degli immigrati. Per ogni lavoratore, la cui retribuzione media è di 12.000 euro, i contributi sono pari a quasi 4.000 euro l’anno. Nel 2010 ogni 10 nuovi disoccupati 3 sono immigrati e, tuttavia, il fatto che svolgono mansioni umili ma essenziali è servito a proteggerli da conseguenze più negative. La retribuzione netta mensile degli immigrati nel 2009 è stata di 971 euro per gli stranieri e 1.258 euro per gli italiani (media di 1.231 euro), con una differenza a sfavore degli immigrati del 23%, di ulteriori 5 punti più alta per le donne straniere.
Respingimenti – Nel 2009 sono stati registrati 4.298 respingimenti e 14.063 rimpatri forzati, per un totale di 18.361 persone allontanate. Le persone rintracciate in posizione irregolare, ma non ottemperanti all’intimazione di lasciare il territorio italiano, sono state 34.462. Il rapporto tra persone intercettate e persone rimpatriate è andato diminuendo nel corso degli anni (dal 57% nel 2004 al 35% nel 2009). Le persone trattenute nei centri di identificazione e di espulsione sono state 10.913, tra le quali anche diverse persone già ristrette in carcere, dove non era stata accertata la loro identità. Nell’insieme il 58,4% non è stato rimpatriato.


Matrimoni misti – I matrimoni celebrati in Italia sono scesi dai 418.4944 del 1972 al 246.613 del 2008, con una diminuzione specialmente dei primi matrimoni, un aumento delle seconde nozze (un sesto del totale) e dell’età media degli sposi (30 anni per le donne e 33 anni per gli uomini). Nel periodo 1996-2008 sono stati celebrati 236.405 matrimoni misti. Nel 1995 erano misti solo 2 matrimoni su 100, ora sono 10 su 100 e non risulta statisticamente fondata l’idea che falliscano con molta più facilità del resto delle unioni.

IMMIGRATI


Il Papa: «Hanno gli stessi diritti delle popolazioni che li accolgono»

ROMA – Esiste un diritto a emigrare che va oltre gli egoismi nazionalisti. E’ quanto afferma il Papa nel messaggio per la 97esima Giornata del migrante e del rifugiato che si celebra il 16 gennaio 2011 e il cui testo è stato pubblicato ieri. Benedetto XVI fa riferimento fra l’altro all’insegnamento di Wojtyla: «Il venerabile Giovanni Paolo II, in occasione di questa stessa Giornata celebrata nel 2001 – si legge nel testo del messaggio – sottolineò che ‘il bene comune universale abbraccia l’intera famiglia dei popoli, al di sopra di ogni egoismo nazionalista. E’ in questo contesto che va considerato il diritto ad emigrare. La Chiesa lo riconosce ad ogni uomo, nel duplice aspetto di possibilita’ di uscire dal proprio Paese e possibilità di entrare in un altro alla ricerca di migliori condizioni di vita».


«Tutti – afferma il Pontefice – fanno parte di una sola famiglia, migranti e popolazioni locali che li accolgono, e tutti hanno lo stesso diritto ad usufruire dei beni della terra, la cui destinazione è universale, come insegna la dottrina sociale della Chiesa. Qui trovano fondamento la solidarietà e la condivisione».


E poco prima nel testo si rileva che tutti percorriamo lo stesso cammino: «La strada è la stessa, quella della vita – afferma Ratzinger – ma le situazioni che attraversiamo in questo percorso sono diverse: molti devono affrontare la difficile esperienza della migrazione, nelle sue diverse espressioni: interne o internazionali, permanenti o stagionali, economiche o politiche, volontarie o forzate. In vari casi – prosegue il testo – la partenza dal proprio Paese è spinta da diverse forme di persecuzione, così che la fuga diventa necessaria. Il fenomeno stesso della globalizzazione, poi, caratteristico della nostra epoca, non è solo un processo socio-economico, ma comporta anche «un’umanità che diviene sempre più interconnessa», superando confini geografici e culturali. A questo proposito, la Chiesa non cessa di ricordare che il senso profondo di questo processo epocale e il suo criterio».

COLIDRETTI


In agricoltura lavorano in 100 mila

ROMA – In agricoltura lavorano circa 100.000 cittadini extracomunitari dichiarati (esattamente 95.584). Lo afferma la Coldiretti che ha collaborato alla realizzazione del rapporto annuale sull’ immigrazione della Caritas Italiana e della Fondazione Migrantes. Nelle stalle dove si munge il latte per il parmigiano Reggiano quasi un lavoratore su tre è indiano mentre in Abruzzo il 90% dei pastori è macedone, ma i lavoratori extracomunitari sono diventati decisivi nella raccolta delle mele della Val di Non, nella produzione del prosciutto di Parma, della mozzarella di bufala o nella raccolta delle uve destinate al Brunello di Montalcino.


Le nazionalità maggiormente rappresentate – sottolinea la Coldiretti – sono quella albanese, marocchina, indiana e tunisina che, complessivamente, raggiungono oltre il 50% del totale dei rapporti instaurati. Sono molti i ‘’distretti agricoli’’ dove i lavoratori immigrati sono una componente bene integrata nel tessuto economico e sociale come nel caso – aggiunge la Coldiretti – della raccolta delle fragole nel Veronese, della preparazione delle barbatelle in Friuli, delle mele in Trentino, della frutta in Emilia Romagna, dell’uva in Piemonte fino agli allevamenti in Lombardia dove a svolgere l’attivita’ di ‘bergamini’ sono soprattutto gli indiani mentre i macedoni sono coinvolti principalmente nella pastorizia.


‘’I lavoratori stranieri – conclude la Coldiretti – contribuiscono in modo strutturale e determinante all’economia agricola del Paese e rappresentano una componente indispensabile per garantire i primati del Made in Italy alimentare nel mondo su un territorio dove va garantita la legalità per combattere inquietanti fenomeni malavitosi che umiliano gli uomini e il proprio lavoro e gettano una ombra su un settore che ha scelto con decisione la strada dell’attenzione alla sicurezza alimentare e ambientale, al servizio del bene comune’’.