Usa, sprint finale, domani si vota

CHICAGO – ‘’Mi sento molto bene, avremo una buona partecipazione al voto e ho sentito grandi entusiasmi. Di stretta misura, ma vinceremo. E’ vero qui, è vero in Ohio, è vero in tutti gli Stati in cui stiamo battagliando. E naturalmente anche dall’altra parte hanno entusiasmo. Noi pure dobbiamo essere entusiasti’’. Le parole pronunciate dal presidente degli Stati Uniti Barack Obama prima di lasciare Chicago per Cleveland, per il suo ultimo comizio in vista delle elezioni di metà mandato con il vice Joe Biden, hanno in realtà un sapore molto più amaro dei pancake ordinati in un blitz a sorpresa alla Valois Cafeteria, nei pressi della casa di Hyde Park, nel South Side di Chicago.

Obama sa che perderà il controllo della Camera, domani, ma che occorre battagliare fino all’ultimo per conservare quello del Senato e limitare i danni sui Governatori del Partito Democratico, per i quali le perdite si annunciano devastanti. Per limitare i danni, c’è una sola soluzione: mobilitare gli indecisi e i neri, cioè quegli elettori che generalmente stanno a casa per le politiche di metà mandato, meno sentite delle presidenziali, ma che hanno fatto vincere Obama due anni or sono. E’ per questo che il presidente, in un tour de force finale, ha visitato quattro Stati un due giorni, concludendo il viaggio nella sua Chicago e in Ohio, lo Stato senza il quale i Democratici non possono conquistare la Casa Bianca.

Nella metropoli dell’Illinois, in uno dei sentieri di Hyde Park che attraversa il campus della University of Chicago portando fino al lago Michigan, Obama probabilmente non ha raggiunto appieno gli obiettivi che si era prefissato: sono venuti in 25-30mila secondo la stampa locale, mentre si aspettavano fino a 55mila persone. Dire che non c’era entusiasmo per il presidente, il quale giocava in casa (anzi nel suo giardino visto che abita a poche centinaia di metri dal parco in un elegante quartiere di ville inizio novecento) non sarebbe corretto. Ma non sembrava più esserci il fuoco sacro che gli ha permesso di vincere alla grande le elezioni del 2008 in pochi mesi, dato che fino a quattro anni prima Obama era uno sconosciuto senatore statale dell’Illinois. C’erano le urla, gli applausi, c’erano gli ‘Yes we Can’. C’erano i complessi rock, c’era il popolare rapper Common che a Chicago è una star, ma non c’era più quel fiume in piena che quattro anni or sono ha travolto gli Stati Uniti, conquistando bianchi e neri sull’onda della speranza di un cambiamento.

Alcune sue parole suonavano quasi disperate, come ad implorare i suoi di Chicago a non lasciarlo perdere, eleggendo i suoi candidati in difficoltà: Pat Quinn Governatore e Alexi Giannoulias senatore del seggio che apparteneva proprio ad Obama prima che si lanciasse nella campagna elettorale per le presidenziali.
– Chicago, ho bisogno di voi per continuare a combattere. Illinois ho bisogno di voi per continuare a credere – ha detto il presidente, giacca blu, camicia a quadretti senza cravatta e pantaloni grigi, sotto il freddo pungente della Chicago autunnale al momento dell’imbrunire. Finito il comizio, durato quasi un’ora, è il consigliere presidenziale David Axelrod a scambiare qualche battuta con i giornalisti. Gli viene chiesto se comizi come questo servono ancora a qualcosa e se non si tratta di un brutto segnale doversi difendere in casa fino all’ultimo momento.
– Questa è la politica – risponde con filosofia Axelrod – le cose vanno e vengono.