Fli fuori dal governo: s’apre formalmente la crisi

ROMA – I finiani girano pagina. Con le lettere di dimissioni del ministro alle politiche europee Andrea Ronchi, del sottosegretario allo Sviluppo Adolfo Urso e dei sottosegretari all’Ambiente Roberto Menia e all’Agricoltura Antonio Bonfiglio, Giafranco Fini apre formalmente la crisi e Futuro e Libertà guarda di fatto già oltre. Dopo una serie di contatti con i vertici della Lega, Umberto Bossi proverà ancora una volta a convincere Silvio Berlusconi ad accettare l’offerta fatta da Fini a Perugia: un Governo-bis allargato all’Udc, dopo le dimissioni del premier, con un nuovo programma ed una nuova compagine di governo.

Ma, come se non bastasse l’indisponibilità manifesta del Cavaliere a dimettersi, ci sono ancora le resistenze della Lega e quelle della stessa Udc a rendere assai difficile che si realizzi uno scenario siffatto. Nè i futuristi credono che possa avere buon esito il pressing – ‘’con offerte anche economiche’’, rivela un finiano – per riportare dentro la maggioranza i futuristi che al premier hanno giurato che non avrebbero mai votato contro il suo governo.
Per questo Fli inizia a squadernare ufficialmente sul tavolo ipotesi nuove.

Quella di un governo, dice Italo Bocchino, ‘’di responsabilità nazionale, allargato all’opposizione’’, con pochi e limitati obiettivi, dalla legge elettorale ad alcune riforme sociali. E quella, sinora più coperta, che del governo di larghe intese sarebbe la versione ‘elettorale’: una ‘grosse koalition’ che veda schierati, contro Berlusconi, Fli, Udc, Mpa, Api, Pd e quanti altri abbiano a cuore una stagione di riforme per superare il berlusconismo.


Ne cominciano a parlare falchi del calibro di Carmelo Briguglio, che addirittura invita Lega e parte del Pdl all’alleanza ‘’per dar vita alla Terza Repubblica’’. Ma l’idea di aperture al centrosinistra è destinata a creare crepe in Fli: Adolfo Urso, nel giorno in cui si dimette da viceministro, spiega che in caso di elezioni anticipate Futuro e libertà ‘’promuoverà un polo di responsabilità nazionale con le altre forze del centrodestra che ci staranno’’.

PDL-LEGA


Pressing del Senatur per la crisi pilotata


Tre ore uno di fronte all’altro, nella villa di Arcore, per ribadire l’alleanza di ferro tra Pdl e Lega e, nel giorno dello strappo di Fini, mettere a punto le prossime mosse politiche

ROMA – Tre ore uno di fronte all’altro, nella villa di Arcore, per ribadire l’alleanza di ferro tra Pdl e Lega e, nel giorno dello strappo di Fini, mettere a punto le prossime mosse politiche. Che per Silvio Berlusconi, almeno fino ad un istante prima dell’arrivo di Bossi, non cambiano: fiducia o voto, magari solo alla Camera.

Il Cavaliere non si fida dei finiani, raduna attorno a sè il triunvirato Sandro Bondi, Ignazio La Russa e Denis Verdini, insieme al fidato Guardasigilli Angelino Alfano, intenzionato a ribadire la sua linea. Che è quella di andare avanti, senza tentennare, perchè il governo otterrà il via libera sia alla Camera che al Senato. E se mai non dovesse andare così, allora non resterebbe che chiedere lo scioglimento della Camera e le elezioni.


Un ragionamento ripetuto all’amico Senatur, che dopo aver riunito i suoi nella sede federale del Carroccio, a Milano, con i fedelissimi si sposta ad Arcore per rinnovare la tradizione del vertice del lunedì. Insieme a lui ci sono i ministri Roberto Calderoli e Roberto Maroni, c’è il capogruppo alla Camera Marco Reguzzoni, e c’è il governatore del Piemonte Roberto Cota. Abbracci, saluti e pacche sulle spalle, poi inizia la lunga discussione. L’asse con il ministro delle Riforme c’è, ed è forte. Ma lo è anche il pressing di Bossi, che un sigaro dietro l’altro e l’immancabile Coca Cola, prova a convincere il presidente del Consiglio e a far passare l’ipotesi della crisi pilotata. Una strategia abbozzata anche nell’incontro della scorsa settimana con il ribelle Fini e pensata apposta per portare a casa in tempi brevi il federalismo tanto caro al Carroccio e vincere così quella che per il popolo delle camicie verdi è la grande battaglia.


Il premier ascolta con attenzione, come si fa con le persone per cui si nutre profondo rispetto. Resta il fatto che non vuole correre il pericolo di essere messo da parte -pensa- come vorrebbero i finiani. Un rischio troppo alto, soprattutto ora che Futuro e Libertà ha ritirato la sua delegazione dal governo mettendo in atto le minacce dei giorni scorsi. Nelle pause c’è anche tempo per qualche battuta sulla vittoria del Milan nel derby, che per una sera ha ridato il sorriso al premier e gli ha fatto dimenticare le beghe di palazzo.