Chelsea in crisi, ma Ancelotti non si dimette

Tre sconfitte nelle ultime due settimane, voci di clamorose dimissioni, incomprensioni con la dirigenza: nel momento più difficile della sua avventura inglese Carlo Ancelotti smentisce di voler lasciare il Chelsea. Domenica era stata la società di Stamford Bridge a zittire con un comunicato le indiscrezioni sul futuro del tecnico italiano. Ieri ci ha pensato lo stesso Ancelotti: niente dimissioni, nessuna lite con Roman Abramovich.

“Tutte le voci degli ultimi giorni sono completamente false – le parole del tecnico italiano -. Non so da dove provengano. Ho un contratto fino al 2012 con questo club e come ho detto tante volte, voglio restare qui. Amo non solo questa società ma anche questi giocatori. Ho la massima fiducia in loro, in questa rosa, e non c’è ragione per cambiare idea”.

I dubbi su Ancelotti sono stati alimentati dalle novità degli ultimi giorni. Prima il sorprendente allontanamento del suo vice Ray Wilkins, e la promozione di Michael Emenalo, uomo di fiducia di Abramovich. Poi il protrarsi delle trattative per il rinnovo del contratto dello stesso Ancelotti. Nel mentre il pessimo momento dei Blues, afflitti da una serie di infortuni (John Terry e Frank Lampard), ma soprattutto sconfitti tre volte nelle ultime quattro partite.

“Quando una squadra non ottiene risultati è normale che l’allenatore sia sotto pressione – ha spiegato Ancelotti -. Ma in questo momento l’unica cosa che conta è restare concentrati e uniti, e fare in modo che la squadra torni a giocare bene”. Ma dopo aver sposato la politica dell’austerity introdotta da Abramovich l’estate scorsa, e aver accettato di ridimensionare le sue richieste di mercato, ora il manager dei Blues si aspetta uno sforzo economico per rimediare alle molte assenze (anche Alex rischia un lungo stop, mentre è già finita la stagione di Yossi Benayoun).

Per questo, dopo la sconfitta con il Birmingham, aveva dichiarato di sentirsi solo un “allenatore” e non – come nel caso di Sir Alex Ferguson – un manager con voce in capitolo sul mercato. Un distinguo per sottolineare le scelte della società, non necessariamente coincidenti con le sue.