Parmalat: 18 anni a Tanzi per il crac

PARMA – Per il crac Parmalat da 14 miliardi di euro, il Tribunale di Parma ha condannato l’ex patron della società Calisto Tanzi a 18 anni di reclusione. Il pm aveva chiesto per lui 20 anni di reclusione. Sono condannati anche altri dirigenti della società. Fausto Tonna, ex direttore finanziario del gruppo Parmalat, È stato condannato a 14 anni di reclusione. La Procura aveva chiesto in aula una condanna a nove anni e sei mesi, riconoscendo a Tonna le generiche. Il tribunale, pur assecondando questa parte della richiesta (generiche riconosciute prevalenti), ha però aumentato la pena. Tonna aveva collaborato fattivamente con gli inquirenti del pool Parmalat alla decriptazione di anni e anni di falsi contabili, aggiustamenti di bilancio e operazioni finanziarie molto complesse. Deluso il suo collegio difensivo.


Il fratello dell’ex patron di Parmalat, Giovanni Tanzi, è stato condannato a dieci anni e sei mesi di reclusione; otto anni invece per Domenico Barili, ex direttore marketing della multinazionale di Collecchio, sei anni per Luciano Silingardi, ex consigliere indipendente di Parmalat Finanziaria, cinque anni di reclusione per Giovanni Bonici, numero uno di Parmalat Venezuela e soprattutto amministratore di Bonlat, società ‘cassonetto’, del gruppo Parmalat.


Per l’avvocato Paolo Sciumè, Roberto Branchi e Rosario Calogero, la pena è di cinque anni e quattro mesi di reclusione. Cinque anni per Camillo Florini, ex dirigente del settore turistico. Quattro anni per Davide Fratta, ex sindaco della multinazionale collecchiese, Enrico Barachini, Alfonso Mario Butti e Giuliano Panizzi. Un anno e sei mesi invece per l’avvocato Sergio Erede, ex componente del cda del Gruppo. Assolti Paolo Compiani e Alfredo Gaetani.
– Non mi aspettavo una sentenza cosi’ severa – sono queste le prime parole che Calisto Tanzi, amareggiato, ha detto al suo legale Giampiero Biancolella che, subito dopo la lettura della lunga sentenza del processo Parmalat, lo informato sulla condanna a 18 anni di reclusione.


‘Piena soddisfazione’’, invece, è stata espressa dal procuratore di Parma Gerardo Laguardia.
Per la Procura parmigiana, che aveva chiesto vent’anni per l’ex cavaliere, si è chiusa una fase di impegno durissimo con la ricostruzione, affidata ad un ufficio relativamente piccolo, del più grande crac finanziario europeo.


– Le condanne – ha detto Laguardia – non si discostano sostanzialmente dalle nostre richieste, in alcuni casi sono state leggermente diminuite, in altre aumentate. Ma nella sostanza la sentenza è stata in linea.

PARMALAT


Risparmiatori delusi, sfuma il risarcimento

PARMA – Una sentenza pesante nella punizione dei colpevoli, ma un risarcimento per i risparmiatori che in teoria è molto basso, in pratica sarà nullo. Dall’aula dell’auditorium Paganini di Parma è uscita anche una certa delusione per gli oltre 35mila risparmiatori truffati dai bond che la Parmalat non è riuscita ad onorare e che hanno contribuito a determinarne il crac. Il tribunale ha infatti concesso una provvisionale di due miliardi alla nuova Parmalat, la società guidata da Enrico Bondi, mentre ai risparmiatori dovrebbe andare il 5% del valore nominale delle obbligazioni sottoscritte.


Delle parti costituite in giudizio, 32 mila piccoli risparmiatori che avevano sottoscritto le obbligazioni Parmalat erano rappresentati dal gruppo Sanpaolo attraverso l’avvocato Carlo Federico grosso. Vantano, come crediti, circa 400 milioni di euro. Grazie agli accordi fatti con le banche a titolo di transazione, ne hanno recuperati un centinaio. Un altro migliaio di risparmiatori che si sono costituiti in giudizio singolarmente o rappresentati da varie associazioni hanno un credito di poco inferiore ai 200 milioni. Ipotizzando quindi in 600 milioni l’ammontare delle obbligazioni sottoscritte, la provvisionale potrebbe essere, a spanne, calcolata in trenta milioni. Il posto numero uno dei creditori spetta, però, alla Parmalat di Enrico Bondi che avrebbe diritto a due miliardi, che, verosimilmente, non saranno mai coperti: i beni sequestrati agli imputati non sono infatti sufficienti che a garantire una parte minima di questi soldi. Di conseguenza, almeno dalla provvisionale decisa dal tribunale parmigiano, è estremamente difficile, per non dire impossibile, che tutte quelle persone che fra gli anni novanta e i primi del Duemila sono state convinte ad acquistare obbligazioni della Parmalat credendo che fosse un gruppo solido, possano vedere un centesimo.


Ad assistere alla sentenza solo un paio di risparmiatori truffati. Sapevano benissimo qual era la situazione e non si erano fatti grandi illusioni: più che la rabbia, quindi, a regnare è la delusione per una sentenza che sancisce le loro ragioni, ma che non potrà far loro avere indietro dei soldi.
– Abbiamo fatto molto di più con le transazioni siglate con le banche – ha commentato uno dei truffati presenti in aula – che non con questo processo. Siamo, insomma, molto delusi.

LA STORIA


Da piccola azienda a fabbrica di debiti

PARMA – Una piccola azienda a conduzione familiare che ha attraversato il boom economico, ha cavalcato le onde della finanza, ha imposto il suo marchio nel mondo come perla del ‘Made in Italy’ per poi diventare la ‘’più grande fabbrica di debiti della storia del capitalismo europeo’’. La sentenza parmigiana ha scritto un primo giudizio su uno dei più grandi crolli economici mai visti, dopo un processo durato 32 mesi che ha ricostruito tutte le vicende che hanno portato al crac.


Risalendo a ritroso, almeno fino al 1990 quando la quotazione in borsa, secondo la Procura parmigiana, rappresentò, con l’aggiramento delle norme per l’approdo al mercato, il primo tentativo di arginare le difficoltà industriali e finanziarie attraverso il ricorso al mercato dei titoli. Un’operazione che dette il via all’epoca delle acquisizioni. Con un massiccio ricorso al credito e ai collocamenti obbligazionari, la Parmalat divenne in breve una multinazionale espandendosi in Sudamerica, in Nordamerica (dove tenta invano di imporre il latte a lunga conservazione in un continente dove si consuma esclusivamente latte fresco), in Sudafrica e, negli ultimi anni, anche in Oceania. Con una politica aggressiva acquisì società anche in settori non strettamente legati all’alimentare: come, ad esempio, il turismo, con la nascita di Parmatour.


Secondo la Guardia di finanza che ha condotto l’inchiesta parmigiana sul crac, è stato proprio il turismo ad aver fagocitato una parte consistente dei finanziamenti bancari di Parmalat. Le difficoltà maggiori cominciarono però per Tanzi e il suo gruppo nel 1999, quando venne acquisita Eurolat dal gruppo Cirio di Sergio Cragnotti. Un’acquisizione sulla quale grava il sospetto di pressioni provenienti dalla Banca di Roma di Cesare Geronzi, che aveva l’obiettivo, secondo la Procura, di rientrare dei crediti con l’acquisto del gruppo di Parma. Uno schema che secondo gli inquirenti si e’ ripetuto nel 2002 con le acque minerali Ciapazzi di Giuseppe Ciarrapico, azienda acquistata ad un prezzo che la Procura ritiene ‘gonfiato’, sempre per consentire a Banca di Roma di rientrare dei crediti concessi a Ciarrapico.


Il problema maggiore resta, però, quello di spiegare perchè un gruppo che vanta una liquidità colossale (3,8 miliardi di euro) continui a ricorrere con quella intensità al credito e alle emissioni obbligazionarie. Nel 2003 per ben due volte Parmalat è costretta dall’allarme creato sul mercato a ritirare emissioni di titoli già annunciate. Il bubbone scoppia nel novembre del 2003. Tanzi chiama al capezzale di Parmalat Enrico Bondi con lo scopo di risanare tutto il gruppo.


Bondi scopre che Parmalat non potrà fare fronte al pagamento di un bond da 150 milioni di euro in scadenza di lì a poco. L’attenzione sul gruppo di Collecchio si fa serrata. I primi di dicembre si scopre che la liquidità custodita nel Fondo Epicurum non esiste, il titolo crolla sul mercato, viene sospeso dalle quotazioni e, il 27 dicembre, Tanzi viene arrestato. E’ la prima palla di neve di un valanga che travolgerà decine di migliaia di piccoli risparmiatori.

IL PROCESSO

I numeri del fallimento

PARMA – Questi i numeri del crac Parmalat e del maxiprocesso che si è concluso a Parma.
– 14: i miliardi di euro di voragine finanziaria.

– 35.000: i risparmiatori truffati solo in Italia.

– 33: i mesi di durata del processo

– 81: le udienze.

– 17: gli imputati arrivati a giudizio.

– 88: gli imputati presentatisi all’udienza preliminare.

– 3 milioni: le pagine degli atti del processo.

– 500: le slide elaborate dall nucleo tributario della Guardia di Finanza e proiettate in aula durante il processo.

– 95: le persone sentite, fra testi, imputati e consulenti.

– 7: gli anni passati fra la scoperta del crac con l’arresto di Tanzi e la sentenza.