E`morto Padoa-Schioppa, l’economista che guardava lontano

ROMA – A volte le cifre raccontano più di tante parole: dopo un anno di ‘’cura’’ Padoa-Schioppa il deficit italiano si era piegato nel 2007 all’1,9% (poi ricalcolato addirittura all’1,5%), partendo dal 2,7% dell’anno precedente. Anche il debito, che ora viaggia sopra il 115% del Pil, era sceso al 104%, intraprendendo la via per scendere sotto il 100% nel 2010. La fotografia dei conti pubblici gestiti da Padoa-Schioppa è così una testimonianza dell’impegno dell’economista, morto a Roma, caratterizzato da un’impronta decisamente internazionale e profondamente europeista. E dallo sguardo proiettato al futuro, come emerge nell’ultimo suo libro ‘’La veduta corta’’ nel quale indicava tra le cause dell’ultima crisi finanziaria-economica proprio i guasti provocati dalle scelte di corto respiro di manager e politici.


Padoa-Schioppa ha caratterizzato il suo lavoro come impegno per la società, un civil servant dal sorriso inconfondibile, dalla gentilezza british ma anche dal carattere deciso che è emerso quando, da tecnico prestato alla politica, ha spiegato il ruolo delle tasse nella società (‘’dovremmo avere il coraggio di dire che le tasse sono una cosa bellissima e civilissima, un modo di contribuire tutti insieme a beni indispensabili’’) e sollecitato i giovani-bamboccioni ad uscire fuori dalla protezione delle mura familiari alla ricerca di autonomia.
Il suo impegno è raccontato dal lungo cursus honorum. Bellunese, 70 anni, nato da una famiglia dell’alta borghesia, Padoa-Schioppa parte con una formazione liceale a Trieste, si laurea nel 1966 alla Bocconi e dopo due nel settore privato, approda nel 1968 alla sede della Banca d’Italia di Milano. Due anni dopo, nel 1970, se ne va a fare un master a Boston al prestigioso Massachusetts Institute of Technology (MIT) con Franco Modigliani. Arriva poi in Banca d’Italia. Impiega 16 anni per fare il suo ingresso nel direttorio: nel giugno del 1984 viene nominato vicedirettore generale, con Carlo Azeglio Ciampi Governatore, Lamberto Dini direttore generale e Antonio Fazio vicedirettore generale.


Nel 1993 quando – con l’Italia uscita dallo Sme e nessuno che sottoscriveva più i titoli di stato – occorreva ridare fiducia al paese, Ciampi viene chiamato a Palazzo Chigi. Da allora a Palazzo Koch comincia una sorta di lotta fra titani, a suon di veti incrociati, per conquistare la leadership della banca, che viene a sorpresa affidata a Antonio Fazio. Nel 1997 a Padoa Schioppa, ormai emarginato dal nuovo governatore, viene offerta la presidenza della Consob, dove resterà solo un anno. C’è poi l’impegno per l’Europa, portato avanti prima nella commissione Delors per la preparazione del Trattato di Maastricht e poi come membro dell’esecutivo Bce durante il varo dell’euro. A giugno del 1998 si trasferisce a Francoforte e tiene a battesimo la neonata Banca Centrale Europea, entrando a far parte del consiglio assieme a altri cinque membri. A lui è affidata la responsabilità delle relazioni internazionali ed europee, dei sistemi di pagamento e della sorveglianza; la durata fissata per il suo mandato sarà di 7 anni.


Ad indicarlo alla Bce era stato Romano Prodi, durante il suo primo governo. Così, quando tornerà a Palazzo Chigi, per un nuovo governo di centro-sinistra, l’ ‘’amico’’ Prodi lo chiamerà al ministero dell’Economia. Padoa-Schioppa si rimbocca le maniche e imposta una severa revisione dei conti e della spesa pubblica. Ma, una volta terminata l’esperienza ministeriale, il suo sguardo ha continuato a guardare al futuro. Così si spiega l’ingresso nel ‘’gruppo dei 30’’, l’autorevolissimo pensatoio mondiale e, da ultimo, la consulenza al governo Greco di Papandreou, proprio con l’obiettivo di consolidare un Paese che rischia di mandare all’aria la delicata ma solida costruzione dell’euro. L’ultima avventura, poi, è stata l’ingresso nel cda di Fiat Industrial, la società del Lingotto destinata a gestire tutte le imprese esterne al settore automobilitico.