Berlusconi prepara la controffensiva

ROMA – Trincerato nel suo campo, Silvio Berlusconi prepara la controffensiva dopo esserci assicurato la piena lealtà di Umberto Bossi. A prezzo di un federalismo che sembra essere diventato l’obiettivo strategico dell’alleanza: se dovesse venire meno, ha fatto sapere il Senatur, si va dritti alle elezioni anticipate. Resta sospeso l’interrogativo del come l’asse del Nord pensi di conseguirlo: in un clima così surriscaldato, gli inviti dei lumbard al dialogo e alla fase costituente sono irrealistici, anche perchè Pd e terzo polo hanno abbandonato l’atteggiamento accomodante delle scorse settimane e adesso chiedono la proroga dei tempi per migliorare i decreti attuativi, a partire da quello del federalismo municipale. L’impressione è che il Cavaliere abbia dovuto digerire un mezzo compromesso con il suo storico alleato. Accettare di sostenere la ‘’concretezza padana’’, che del caso Ruby se ne infischia, in cambio della difesa di Bossi (che lo definisce un premier ‘’massacrato’’ da giudici che hanno travalicato i propri compiti).

Anche a costo di apparire anzitempo l’anatra azzoppata di americana memoria. Bossi però non ignora che non è possibile chiudersi nel bunker in attesa di una resa dei conti dall’esito incerto, di fronte a un’opinione pubblica divisa a metà. Infatti invita il premier ad abbassare i toni. Lo vede ‘’gibollato’’ (acciaccato) e condivide le ‘’cose di buon senso’’ dette da Napolitano. Certo, per il leader del Carroccio i Pm hanno esagerato e le critiche (quelle del Vaticano, per esempio) sono fin troppo facili, ma nell’insieme si intuisce il tentativo di uscire dalla trincea e di presentarsi come il vero baluardo del centrodestra a sostegno di un Cavaliere un po’ sfibrato. Dunque come il fulcro di una coalizione pronta alle elezioni.

Il motivo è semplice: i sondaggi parlano di un calo di consensi per la maggioranza dopo l’ultima tempesta mediatica. I moniti che giungono al premier dal Quirinale e dalla Chiesa sono in sintonia tra di loro (servono comportamenti più sobri, all’ insegna di moralità e legalità ha detto il segretario di Stato vaticano cardinal Bertone) e si sommano alle accuse del mondo giudiziario e di parte di quello imprenditoriale. Luca di Montezemolo, nel parlare di un rischio della tenuta-Paese a causa del conflitto istituzionale, sembra lanciare una sorta di manifesto elettorale: invita a deporre le armi e ad aprire una fase costituente, visto che la Seconda Repubblica ha fallito la sfida della modernizzazione.

Il presidente della Ferrari pensa a un nuovo patto nazionale, a una pacificazione molto vicina a quella proposta da Pier Ferdinando Casini, e avverte che il federalismo non è una priorità e non può essere imposto con un ultimatum di partito. Dunque, una sconfessione implicita del patto Berlusconi-Bossi. Se alle urne si dovrà andare, è il pensiero della Lega, meglio farlo prendendo il toro per le corna: vale a dire addossandone la responsabilità ai ‘’poteri forti’’, alle resistenze al cambiamento dei conservatori, alle manovre più o meno occulte dei giudici politicizzati. Del resto nel Pdl si pensa, come dice il ministro Sacconi, che qualunque erede del Cavaliere subirebbe lo stesso trattamento e che dunque il nodo del rapporto tra politica e giustizia vada sciolto una volta per sempre.

In realtà la cosa è molto difficile perchè dalle urne potrebbe uscire un Parlamento più paralizzato dell’attuale. Ma la forza dei fatti, e dello scontro senza quartiere sul ruolo di Berlusconi, sembra spingere fatalmente verso questo approdo. Nel Pdl si pensa che per sovvertire il voto del 2008 sia stata immaginata una sorta di operazione Wikileaks molto sofisticata con l’unico scopo di rendere pubbliche intercettazioni che altrimenti non potevano essere diffuse. L’opposizione giudica un’assurdità questo modo di ragionare che conduce in un vicolo cieco e punta sulla fragilità dei numeri della maggioranza: la nascita del gruppo dei ‘’responsabili’’ non ha mutato di fatto i rapporti di forza, soprattutto in commissione. Cresce a sinistra e anche al centro la voglia di misurarsi nelle urne, contando sull’ incrinatura del blocco sociale di centrodestra, soprattutto del mondo cattolico. Se invece si dovesse andare avanti, la convinzione è di poter condizionare grandemente i voti alla Camera, logorando lentamente le posizioni berlusconiane e rafforzando il progetto di un ‘’grande centrosinistra’’.

Pierfrancesco Frerè

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