Luci e ombre della Venezia dell’anima

CARACAS – Si… “Spazi chiusi e tortuosi”: come la memoria, come la vita che ci trascina, c’incanta, ci sorprende e non ne basta una sola per comprendere, per comprenderci, per raccontare, per amare fino a morirne e al tempo stesso fare pace con le nostre paure per non farci più impaurire ed accettare il tremore interno che ogni tanto affiora riportandoci a quel filo d’Arianna che non riusciamo a dipanare abbastanza.

Cerchiamo, cerchiamo, cerchiamo…Compariamo, ricordiamo: con amore…con rabbia…con tristezza , mentre ci perdiamo nel labirinto dei sentimenti e delle sensazioni, affannandoci per raggiungere una meta che, di volta in volta si fa più lontana, rincorrendo scelte inevitabili come il “bello” e il “brutto”, la prigione o la libertà…la vita e la morte. Questo ci ispira “Labirinto Veneziano” mentre accompagnamo Marina attraverso i vicoli di una città incantevole e incantata, e ne attraversiamo i ponti, c’inebriamo con la bellezza delle sue opere d’arte e ricordiamo quando, piccini, chiedevamo ai nostri genitori che erano stati in “viaggio di nozze” (immancabile a quel tempo) a Venezia, come avevano fatto quegli uomini a costruire una città sull’acqua senza paura di vederla cadere da un momento all’altro. E poi :”ma ci sono anche i pesci sotto le case? “.
Tutto questo ci ispira il libro di Marina. Un susseguirsi profondo di pensieri nei quali ciascuno di noi può ritrovarsi con la singolare esperienza di chi è emigrato dalla propria terra per un’altra altrettanto cara, e udire quel suono di campane che, come sottolinea Marina, a Venezia scandisce le ore, le luci, lo scorrere dei secoli, mentre a Caracas “non suonano le campane” ma ci sveglia il canto delle “guacharacas” che vanno, al primo chiarore del mattino,dal Giardino Botanico alla magnifica montagna Avila, a Bellomonte, a Santa Monica…confondendosi con l’intensità di un cielo che non assomiglia a nessun altro per intensità di luce e di colori.


Così Marina, tra i dipinti di Tiziano, le Metamorfosi di Ovidio le riflessioni di “una vita troppo lunga che sembra non essere la benedizione di Dio”, ci ricorda il Sommo Poeta fiorentino che nelle allegorie trova una via d’espressione. “Nelle linee delle mie mani custodisco l’Amore di Arianna e la memoria del suo filo, fragile come l’incertezza e la paura che pulsano nell’immersione in spazi chiusi e tortuosi”… ed ancora:” Le carceri di Piranesi sono spazi dell’anima più che dell’architettura”.


La “Marangona” continua a suonare…i suoi rintocchi irrompono in noi con i ricordi mentre “oggi” è già “ieri”, ed una storia che ne contiene infinità di altre, solca la vita di ciascuno: predendoci per mano, accarezzandoci il cuore, salvandoci dalle paure.


“Labirinto Veneziano” è un saggio d’umanità profonda attraverso il quale incontriamo la parte più intima dell’essere umano:pensieri, sensazioni, amore, dolore, precipizi d’oscurità, e d’infinito andare attravrso i secoli. Il nostro incontro con Marina percorrendo ponti e respiri di storia ci ha condotto attraverso un “Labirinto” che sentiamo profondamente nostro, nel quale ogni frase, ogni descrizione, ogni angolo di Venezia assomigliano alla stupefacente parabola dell’eternità dell’anima.


Marina Gasparini Lagrange vive e lavora a Venezia dal 2000, anno in cui decide di trasferirsi in Italia da Caracas, sua città natale. Studiosa di letteratra ha insegnato alla “Escuela de Letras” dell’Università Centrale del Venezuela, dal 1989 al 2000. Frequentatrice del Warbug Institute di Londra, dedica i suoi studi in particolare alla relazione dalle differenze espressive tra immagine poetica e immagine pittorica.
“Labirinto Veneziano” edito da “Moretti & Vitali” si avvale di uno squisito saggio interpretativo di Flavio Ermini.


Anna Maria Tiziano