Berlusconi: «Il fango delle ‘toghe rosse’ mi rafforza»

ROMA – Silvio Berlusconi tiene alti i toni dello scontro con le ”toghe rosse” e con Gianfranco Fini, ma non li alza ulteriormente. Segno che la moral suasion del Quirinale – che in queste ore, con la mediazione di Gianni Letta, ha cercato in tutti i modi di abbassare la temperatura nel Paese – ha in qualche modo sortito i suoi effetti. A cominciare dalla manifestazione di piazza del 13 febbraio contro la ”giustizia politicizzata” che proprio per non indispettire il Colle (oltre che per i dubbi di Umberto Bossi) sarà con tutta probabilità declassata a mobilitazione nazionale sotto forma di gazebo.


Ma Fli, con Italo Bocchino, lo attacca accusandolo di ”non conoscere le regole” e chiedendogli di presentarsi davanti ai giudici. Mentre il leader Udc Pier Ferdinando Casini rivendica il primato della politica ammonendo:


– Guai a pensare di affidare ai giudici la liquidazione di una fase politica che è fallita.


Per parte sua, il premier ancora una volta affida la sua controffensiva mediatica ad un video-messaggio ai Promotori della Libertà. Ribadisce di voler ”andare avanti” incurante della ”montagna di fango” contenuta negli atti dei pm milanesi. Lancia stoccate a Fini (”Non siamo noi ad aver tradito chi ci ha eletto”), ma non affonda il colpo. Cosa che però fa nel chiuso del Consiglio dei ministri.


– Si deve dimettere – dice accendendo un dibattito sul tema. Davanti alle telecamere, invece, concentra l’attenzione sui pm e sull’opposizione:


– Contro di noi si sono coalizzati i vecchi nemici della Prima Repubblica con l’unico obiettivo di far fuori Berlusconi, grazie al soccorso rosso delle toghe politicizzate. Ma – assicura -, ancora una volta questa offensiva sarà respinta.


Ricorda che i numeri in Parlamento sono dalla sua (con ”ben 7 verifiche parlamentari a zero”), brandisce la riforma della giustizia (”in testa nell’agenda di governo”) e ammonisce sul fatto che centrodestra è l’unica coalizione ”in grado di assicurare l’unità d’Italia”. Infine, torna sull’affaire Ruby.


– Le tempeste non mi spaventano, anzi mi spronano a reagire – afferma ricordando di averne ”viste tante” in 17 anni.


– Hanno cercato di cancellarmi dalla storia, anche colpendomi fisicamente eppure mai avevano raggiunto vette così vergognose. Insomma, il livello di guardia è stato ampiamente superato ed è giunto il momento di ristabilire una separazione fra i poteri dello Stato.


Ripete di non essere ”mai fuggito” davanti ai magistrati, ma pretende che a giudicarlo sia il ”giudice naturale” del Tribunale dei ministri, non la Procura di Milano. Il Cavaliere, mentre tiene un occhio preoccupato sul federalismo (vero spartiacque della legislatura), cerca di concentrarsi sulle prossime mosse nella sfida con i magistrati. Una strategia che si muove lungo più direttrici: da una parte il ritorno del processo breve per mettersi al riparo dai processi in corso. Dall’altra il progetto di riforma dell’articolo 68 della Costituzione. Due le ipotesi: o tornare alla versione dell’immunità parlamentare pre-riforma ’93 oppure far approvare il testo che giace in Senato a firma ‘Chiaromonte-Compagna’ che introdurrebbe una sorta di ‘scudo’ per i parlamentari fino alla fine del mandato. Ipotesi che il premier non intende cavalcare personalmente, visto che non lo ritiene molto popolare, ma che dovrebbe essere presentato la prossima settimana da Peppino Calderisi (Pdl).


Il cantiere del ‘rimpasto’ di governo resta aperto, ma è bloccato in attesa degli sviluppi sul federalismo e sull’inchiesta. Così come il capitolo sull’allargamento della maggioranza (da notare che Berlusconi ha incontrato Marco Pannella). Nel freezer anche la prova di forza popolare: la grande manifestazione a piazza Duomo contro i ‘pm politicizzati’ e’ stata improvvisamente fermata. Segno che il pressing del Quirinale, e la freddezza della Lega, hanno avuto effetto. Dovrebbe essere sostituita da altre forme di mobilitazione, come una raccolta di firme sia contro i pm politicizzati che per le dimissioni di Fini. Tutto fermo anche sul fronte del partito: nuovo nome e simbolo sarebbero pronti, ma ancora nessuno sa dire quando saranno annunciati.