El Baradei, il tempo di Mubarak è finito

IL CAIRO – Il Presidente egiziano Hosni Mubarak “deve capire che il suo tempo è finito e lasciare pacificamente il potere”, perché “la gente continuerà a tornare in piazza fino a quando non andrà via”. E’ quanto ribadisce uno dei leader dell’opposizione, Mohammed ElBaradei, che nega di essere agli arresti domiciliari: “Credo abbiamo annunciato il mio arresto per intimorire i manifestanti. Il messaggio è questo: se prendiamo una persona nota come ElBaradei, figuratevi cosa facciamo a voi”.
Se Mubarak lasciasse la guida del Paese, continua il Premio Nobel per la pace, “dovremmo costituire un governo di transizione che sia una coalizione in grado di rappresentare tutta la società”. “Questo esecutivo dovrà cambiare la costituzione nelle sue parti che negano la democrazia – precisa ElBaradei – una volta completato il lavoro, l’Egitto dovrà andare alle urne per eleggere liberamente il nuovo parlamento e il Presidente”.
Alla comunità internazionale che teme il caos in Egitto, ElBaradei risponde che “è una paura senza senso”. “Perchè mai un governo democratico e rappresentativo di tutto il popolo dovrebbe trascinare il Paese verso l’instabilità?”, sottolinea. E agli Stati Uniti chiede di “scegliere: O Mubarak o il popolo. Le due cose non sono più conciliabili. In piazza non si sentono slogan anti americani e io ho molta stima di Obama. Però gli Stati Uniti devono decidere se applicare anche in Egitto i principi democratici che predicano in tutto il mondo. I nostri giovani vogliono solo il sogno americano”.
Intanto i manifestanti non interrompono le proteste: 4 mila persone sono tornate per il sesto giorno consecutivo nella piazza Tahrir del Cairo per chiedere la dimissioni di Mubarak. La piazza Tahrir, epicentro della rivolta, per tutta la notte era stata presidiata da 200 persone, circondate dai carri armati inviati dal governo. Secondo le voci su Twitter la protesta odierna sara’ guidata dalle donne. Il nuovo governo, la cui formazione è stata annunciata ieri, sembra voler adottare il pugno di ferro, almeno a considerare le prime azioni, ovvero la chiusura del canale satellitare al Jazira. Il ministro dell’Informazione “ha sospeso le attività di al Jazira, annullato le licenze e revocato gli accrediti per l’intero staff” del canale televisivo che sia in Tunisia sia in Egitto ha fornito un’intera copertura delle rivolte. Al Jazira ha condannato il provvedimento: “Una censura che mette a tacere le voci del popolo egiziano”.
Il nuovo esecutivo ha dispiegato un numero piu’ consistente di soldati nelle strade, a presidio, in particolare, del ministero dell’Interno, attaccato sabato. Il canale televisivo di Stato egiziano ha mostrato il presidente Mubarak mentre incontra il vicepresidente, Omar Suleiman, il ministro della Difesa e i vertici militari.
L’anarchia sembra regnare, e per alcuni cio’ ubbidisce alla strategia governativa secondo cui va creata una percezione di caos per poi mettere ordine. Sono i cittadini a organizzare l’autodifesa, quartiere per quartiere, dei propri beni. L’opposizione si organizza e sembra trovare in Moahammed ElBaradei un leader unificante: si sono accordate nell’affidargli il compito di negoziare con il governo. Lo ha reso noto una delle figure di spicco dei Fratelli Musulmani, Essam el-Eryan, parlando ad Al Jazira.
I Fratelli Musulmani sostennero lo scorso anno la campagna di firme con cui ElBaradei chiedeva modifiche alla Costituzione e, con il flop nelle ultime elezioni, considerate truccate, il gruppo si e’ trovato a dover dare tacitamente ragione all’ex diplomatico, che aveva lanciato un boicottaggio del voto.
Una nuova evasione di massa, dopo quelle di sabato, e’ avvenuta dalla prigione di Wadi Natroun, 120 chilometri a nord del Cairo. Tra le migliaia di detenuti usciti vi sono 34 elementi del gruppo islamista dei Fratelli Musulmani. Sei di questi, ha riferito lo stesso gruppo, sono esponenti di primo piano. Non e’ stata una vera e propria fuga perche’ gli agenti del penitenziario, a quanto sembra, avevano abbandonato il posto di guardia e i parenti dei prigionieri si sono limitati ad aprire le celle. I detenuti erano parte di un gruppo finito in una retata compiuta dalla polizia nei giorni delle proteste. nell’ultima settimana vi sono stati circa 150 morti.