Egitto, più di un milione in piazza. ElBaradei: “Mubarak lasci”

IL CAIRO – Almeno un milione di egiziani sono scesi in piazza oggi, cosa mai accaduta prima nella storia moderna del più popoloso paese arabo, chiedendo le dimissioni del presidente Hosni Mubarak e del suo nuovo governo. Fonti non ufficiali dicono che sarebbero stati due milioni i manifestanti.
L’annuncio lunedì sera dell’esercito, in cui i militari hanno escluso il ricorso alla violenza contro i manifestanti definendo legittime le loro richieste, ha rafforzato la volontà degli egiziani di scuotere il sistema politico come mai era successo dopo il 1952, quando un gruppo di ufficiali depose il re Farouk.


Oltre 200mila persone si sono radunate a piazza Tahrir, al Cairo, mentre altre 20mila hanno sfilato a Suez, nell’est. Ma dimostrazioni si sono tenute anche ad Alessandria, Ismailia e nelle città del Delta del Nilo, come Tanta, Mansoura e Mahalla el-Kubra.


Gli egiziani hanno dunque risposto all’appello degli attivisti, che avevano invocato la “marcia del milione” per esprimere rabbia contro Mubarak e il suo regime, che dura da 30 anni. “Mubarak sveglia, oggi è l’ultimo giorno”, gridavano i manifestanti ad Alessandria. “Se ne va lui, non noi”, scandivano i dimostranti al Cairo, in uno scenario completamente diverso da quello di guerra civile di solo pochi giorni fa. E ai cittadini si sono aggiunti in alcuni casi anche i soldati, chiamati a controllare il raduno: “Il popolo e l’esercito mano nella mano… abbasso Mubarak”.


Il leader dell’opposizione egiziana Mohamed ElBaradei ha detto che il dialogo tra governo e opposizione potrà cominciare solo dopo l’addio del presidente Mubarak.


“Ci può essere dialogo ma questo deve esserci solo dopo che saranno accolte le richieste del popolo e la prima di queste è che il presidente Mubarak se ne vada”, ha detto ElBaradei alla tv Al Arabiya, aggiungendo che il dialogo potrebbe comprendere anche lo scioglimento del parlamento e le forme di potere transitorio.
La disintegrazione del sistema di potere di Mubarak segnerebbe una svolta nella storia egiziana moderna, riconfigurando anche la mappa geopolitica del Medio Oriente, con enormi ricadute per Washington e i suoi alleati che vanno da Israele all’Arabia Saudita.


Il nuovo vicepresidente nominato da Mubarak, Omar Suleiman, ha iniziato colloqui con figure dell’opposizione. Gli analisti politici però non discutono più della possibilità che Mubarak si dimetta, ma di come e quando ciò avverrà.
Gli Stati Uniti e altre potenze occidentali, che hanno appoggiato Mubarak durante il suo governo trentennale, chiedono che si sottoponga ad elezioni libere.


I Fratelli musulmani, che hanno detto di volere una democrazia pluralista, hanno finora avuto un approccio cauto nell’unirsi alle proteste, anche se l’altro ieri hanno invitato a continuare a manifestare fino a che l’intero establishment “compreso il presidente, il suo partito, i suoi ministri e il suo parlamento” non se ne andrà.
Interrotte le comunicazione telefoniche e via Internet, Google “salva” le comunicazioni degli egiziani con l’esterno. L’azienda di Mountain View ha annunciato di aver messo a punto uno strumento con il quale gli utenti potranno continuare a ‘twittare’: Google ha infatti messo a disposizione tre numeri di telefono internazionali ai quali gli utenti possono lasciare un messaggio vocale e il servizio istantaneamente ‘twitta’ il messaggio ‘taggandolo’ #egypt.