Tramonta la stella del Tea-party

WASHINGTON – Dopo quella di Sarah Palin, anche la stella di Glenn Beck sembra ormai al tramonto. L’icona della Fox, simbolo di un certo modo di fare televisione, a metà strada tra l’informazione faziosa e la militanza estremista, è in profonda crisi. Negli ultimi mesi Beck, il più amato dai ‘Tea Party’ è stato vittima di un drastico crollo di ascolti: meno 30 percento di audience e soprattutto una fuga secca di un milione di giovani spettatori, un fascia di clientela corteggiata dagli inserzionisti.

L’allarme è tale che tantissime aziende, almeno 300, hanno cominciato a disdire i loro spot durante le sue trasmissioni costantemente infarcite di attacchi violenti e un po’ paranoici all’Islam, alla sinistra e alla Casa Bianca. Un problema grave, tanto che i vertici della rete hanno richiamato Beck invitandolo a cambiare registro, a lanciare qualche messaggio positivo e evitare i toni apocalittici che sinora lo hanno reso ricco e famoso. E se gli ascolti non si rialzano, non si esclude che la Fox possa non rinnovargli il contratto, in scadenza a dicembre.

Ma al di là dell’aspetto economico, la crisi di Glenn Beck sembra indicare una certa stanchezza da parte del pubblico americano, anche di quello più reazionario, riguardo a una narrazione della realtà in cui i responsabili di ogni male sono sempre gli stessi, le elite progressiste che con i loro complotti mettono in pericolo la libertà e la sopravvivenza della gente comune e indifesa. Insomma, come scrive Il New York Times, sembra essersi spezzato quel feeling, un tempo fortissimo, tra Beck e la sua gente. Un legame talmente intenso da spingere il popolo dei fan della Fox a vedere Beck più di un leader politico ma una specie di guru, una guida a cui affidare tutte le proprie speranze. E lui, pur di aumentare la sua popolarità, e di conseguenza i suoi guadagni da capogiro, è stato piacevolmente al gioco, sostituendosi di fatto alla politica nazionale. Il momento clou della sua parabola è stato quest’estate, ad agosto, quando assieme a Sarah Palin raccolse oltre 100mila americani a Washington, per il suo ‘Restore Honor rally’. Quel giorno, in modo evidentemente provocatorio, Beck parlò di Dio e amor patrio davanti al mausoleo di Lincoln, lo stesso luogo dove 47 anni prima Martin Luther King pronunciò lo storico discorso reso celebre dall’intercalare ‘I have a dream’. Era l’epoca in cui primeggiavano le sue filippiche contro la riforma sanitaria di Barack Obama e il suo governo ‘socialista’ e i Tea Party erano al centro dell’attenzione mondiale. Anche grazie alla loro mobilitazione e alla crisi economica sempre più drammatica, i repubblicani riuscirono a vincere le elezioni di novembre, strappando il Senato ai democratici. Sembrava che Obama non avesse più la forza di rialzarsi da quella che lui stesso definì ‘’una bastonata’’.

Da allora, però, il vento sembra essere un po’ cambiato. Obama ha cercato intese bipartisan e oggi viene percepito come un moderato. L’economia comincia a dare timidi segnali di ripresa e i Tea party hanno perso smalto. E se la Palin scende nei sondaggi, anche Glenn Beck non piace più come un tempo.