Gheddafi non si fermerà con i raid Insorti? Vi sono troppi ex del regime

BRUXELLES – La situazione sempre più drammatica sul terreno, i dubbi sulle tante, troppe anime dei ribelli, la maggioranza che si salva per un soffio a Montecitorio: di motivi per non essere contento, anzi molto preoccupato e rammaricato Silvio Berlusconi, ne ha davvero tanti quando arriva a Bruxelles per il vertice europeo che, fra le altre cose, dibatte anche della questione libica.

Se alla lista si aggiungono i guai interni – dalle pressioni della Lega, al rapporto sempre teso con il Quirinale; dalle richieste pressanti dei ‘responsabili’, ai guai giudiziari – ecco spiegate le ragioni che hanno spinto il presidente del Consiglio a tenere un bassissimo profilo. Tanto da evitare il consueto vertice del Ppe. Pazienza se al castello di Meise ci sono la cancelliera tedesca Angela Merkel e il premier francese Francois Fillon. Occasione per affrontare la questione.

Preferisce chiudersi nella suite dell’albergo per studiare, dicono i suoi, i dossier del Consiglio europeo. Chi gli ha parlato, però, lo descrive di pessimo umore, desideroso di sfogarsi: non si capacita della piega che hanno preso gli eventi, di come si sia arrivati ad un punto che rischia di essere di “non ritorno”. Il timore è che la situazione sfugga di mano.

Sa che l’appello rivolto a Muammar Gheddafi per un immediato cessate il fuoco rischia di cadere nel vuoto. Come sembrano dimostrare le parole di Ban Ki-Moon da new York, secondo il quale non c’è nessuna prova che Tripoli stia facendo tacere le armi. Soprattutto se i piloti francesi e britannici continueranno a dare l’impressione di dargli la caccia.
Lo angoscia il fatto che fra tanti libici si possa radicare ancor più la convinzione che l’Occidente interviene solo dove c’è il petrolio: altro che interessi umanitari. Eppure il premier non ha scelta: smarcarsi dalla coalizione è impensabile, anche perchè il Quirinale non lo consentirebbe mai.

Il Cavaliere non fa sconti al leader libico. Ieri, durante la cena con i ‘responsabili’, ha mostrato l’album dei ricordi: foto con il Colonnello, durante i tanti incontri bilaterali. Ma quello che ripete a tutti i suoi interlocutori è lontano dall’essere un amarcord: si dice “rammaricato”, per alcuni persino ‘deluso’ da Gheddafi; sperava si fermasse, che smettesse di bombardare i suoi concittadini. Ma nella sua analisi non fa sconti nemmeno agli insorti: troppe anime, troppo eterogeneo, fa capire. Ma soprattutto, è il suo ragionamento, la presenza di due persone che erano molto legate a Gheddafi (l’ex ministro della Giustizia, Mustafa Abdel Jalil, e quello dell’Interno, Addel Fatah Yunis) rafforza le sue perplessità.

Il rischio è che anzichè ritrovarsi con giovani democratici si passi da un regime all’altro: si finisca cioè dalla padella nella brace. La realpolitik però gli impone di tenere i contatti, come dimostra la telefonata tra Franco Frattini e il capo del governo provvisorio, Ibrahim Jabril.

Altro motivo di preoccupazione è la partita europea: quando arriva al Justus Lipsus, senza proferire parola con i giornalisti, affonda il viso nelle carte, mentre gli altri leader si scambiano opinioni e commenti. L’Italia non si oppone all’embargo totale sul petrolio proposto da Berlino, ma chiede che sia un blocco globale: il timore di essere sostituiti da cinesi e indiani è forte.

Anche sul fronte dell’immigrazione, Roma si aspetta ben poco: al di là delle dichiarazioni di intenti e qualche ‘spicciolo’, difficilmente i 27 decideranno misure concrete per alleggerire la pressione sull’Italia. Eppure, qualche motivo di ottimismo ci sarebbe.

Buone notizie arrivano anche da Parigi dove il presidente dell’Unione africana, Jean Ping, fa sapere che al vertice di oggi ad Addis Abeba ci saranno esponenti degli insorti, ma anche del regime. Primo spiraglio di una possibile mediazione. Ma la partita libica si estende anche all’Italia. Berlusconi, oltre che con le opposizioni, è furente anche con i suoi deputati: le tante assenze nei banchi della maggioranza, su un tema così importante, sono inaccettabili.