Berlusconi si propone quale arbitro del centrodestra

ROMA – Può essere che il giorno più bello dei leader politici sia quello dell’addio, come ha detto a Porta a porta citando i ricordi di Blair ed Aznar, ma Silvio Berlusconi sembra ancora lontano dal pensare a quel momento. Fresco di una nuova vittoria parlamentare sulla guerra di Libia, il premier continua infatti a proporsi quale vero arbitro politico del centrodestra; la stessa ‘’investitura’’ di Giulio Tremonti alla successione, per toni e timing, suggerisce più l’ idea di uno scenario molto in là nel tempo che quella di una imminente rivoluzione, non fosse altro perchè il nome del superministro dell’Economia si aggiunge a quello di molti candidati altrettanto credibili della rosa berlusconiana, a cominciare da Angelino Alfano.


In realtà la prima preoccupazione del Cavaliere è sembrata quella di sdrammatizzare la lite con Umberto Bossi, derubricata a ‘’dialettica da periodo elettorale’’. Alla vigilia del rimpasto di governo che imbarcherà alcuni ‘’responsabili’’ e della manovra economica ‘’di contenimento’’ che l’opposizione giudica piuttosto una nuova ‘’stangata’’ per il suo peso di 7-8 miliardi di euro, Berlusconi ha l’assoluta necessità di rasserenare il clima all’interno dell’asse del Nord. E lo fa sul piano degli atti concreti.


Così, fa sapere che sui conti pubblici è necessario assoluto rigore perchè Tremonti non può inventarsi disponibilità che non esistono: il Consiglio dei ministri varerà il piano di sviluppo ma si dovrà muovere in una cornice ristretta. Esattamente come richiesto dal titolare del Tesoro.
Quanto alla Lega che rivendica di aver vinto la partita delle mozioni sulla Libia, preferisce glissare perchè il cuore della sua strategia diplomatica – come ha spiegato il ministro degli Esteri Franco Frattini – punta su una soluzione politica del conflitto la cui base di partenza potrebbe essere rappresentata dalla road map sottoposta alle cancellerie occidentali dal Cnt di Bengasi.


Se ne parlerà oggi nel gruppo di contatto che si riunirà a Roma alla presenza di Hillary Clinton ma intanto Frattini si preoccupa di precisare, di fronte alla confusione delle tre mozioni approvate dalla Camera, che l’obiettivo resta la riconciliazione nazionale in Libia e che l’ Italia non prenderà nessuna decisione unilaterale sul termine della missione. L’opposizione accusa il governo di avere scritto una brutta pagina di politica estera e di aver minato la credibilità internazionale del nostro Paese, tuttavia è vero che Pd, Terzo polo e Idv non sono riusciti a convergere a loro volta su una posizione comune. Per paradosso, mentre la maggioranza – astenendosi sui documenti del Pd e del Terzo polo – ne ha determinato l’approvazione consentendo a Fabrizio Cicchitto di dire che Pdl e Lega hanno una ‘’linea aperta’’, il centro sinistra si è diviso tra interventisti e pacifisti con una certa confusione.


Quando Giorgio Napolitano, ricordando la figura di Antonio Giolitti, avverte che la sinistra o è credibile e affidabile come alternativa o è condannata a restare all’opposizione, sembra riferirsi proprio a episodi di incertezze interne come questi che rendono difficile per i cittadini interpretare le alchimie della politica. Sul fronte opposto, Berlusconi dice che non si può dialogare con una sinistra erede del Pci e che non ha ancora fatto i conti con il suo passato.


In altri termini il premier preferisce polarizzare lo scontro elettorale delle amministrative, convinto di poterlo trasformare in un test politico sul suo governo: una risposta netta, e bisogna riconoscere anche coraggiosa, a Bossi e Bersani che hanno individuato in Milano (dove si presenta capolista) il crocevia del suo futuro politico. A Milano il Cavaliere è deciso a vincere al primo turno per mettere a tacere i suoi critici. E Roberto Maroni ha fatto sapere che i segnali che giungono dal capoluogo lombardo sono ‘’confortanti’’: messa così, parlare di successione sembra puro esercizio retorico.


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