Yemen, bilancio si aggrava nel silenzio internazionale

SANA’A – Ancora proteste in Yemen. E’ di 3 morti il bilancio degli scontri avvenuti ieri nella città al-Baydha tra i manifestanti, che chiedono le dimissioni del presidente Ali Abdullah Saleh, ed i sostenitori del regime aiutati dalla polizia locale. Lo riferisce ‘al-Jazeera’, che cita come fonti alcuni testimoni. Negli incidenti i manifestanti sono riusciti a dare alle fiamme la sede del partito del Congresso, al governo in Yemen.


Secondo quanto riporta il sito informativo locale ‘al-Masdar’, gli incidenti sono iniziati quando miliziani armati considerati vicini al governo hanno aperto il fuoco su un gruppo di manifestanti, sparando dalla sede del governatorato locale. In risposta i giovani dei movimenti rivoluzionari hanno preso d’assalto ed occupato la sede del governatorato. I giovani erano scesi in piazza per protestare contro la repressione attuata mercoledì dal governo contro manifestanti di Sana’a dove sono morte 13 persone e ne sono state ferite 200.
La polizia ha poi attaccato ieri mattina i manifestanti impegnati in un sit-in permanente contro il governo a Taiz, nel sud del paese.


E’ invece salito a 13 morti il bilancio degli scontri avvenuti ieri a Sana’a. Elementi della polizia e della Guardia repubblicana hanno aperto il fuoco su circa 10mila manifestanti, molti giovani, che marciavano verso la sede della presidenza del Consiglio dei ministri. Tra i feriti, un centinaio è stato colpito da proiettili, mentre altri cento sono rimasti intossicati dai lacrimogeni. Il governo si è difeso sostenendo di aver ordinato di aprire il fuoco per il timore che i manifestanti potessero prendere d’assalto la sede del governo.


Da settimane a Sana’a si sta svolgendo un sit-in davanti all’università per ottenere le dimissioni del presidente Saleh. Sono oltre 150 le vittime delle proteste scoppiate nel Paese a fine gennaio, secondo quanto denunciato dai gruppi per i diritti umani.


Il principale blocco dell’opposizione ha rivolto un appello alla comunità internazionale affinché aumenti la pressione sul presidente Saleh, convincendolo a dimettersi. Il Joint Meeting Parties (JMP), di cui fanno parte partiti di opposizione, attivisti e leader tribali, hanno chiesto agli Usa, all’Ue e agli Stati arabi di agire per arginare gli attacchi del governo contro i manifestanti. Il ‘’silenzio’’ internazionale riguardo la repressione messa in atto da Sana’a, dicono gli oppositori, equivale a un via libera per continuare a usare la violenza contro chi scende in piazza per chiede che Saleh abbandoni il potere tenuto per 32 anni.