La Lega s’impunta sui ministeri e minaccia: «Niente tasse al Nord»

ROMA – Niente ministeri al Nord, allora niente tasse. La Lega torna ad insistere sulla questione del trasferimento dei dicasteri sul territorio e rimette nuovamente in discussione, dopo diversi ‘stop and go’, la tregua ‘elettorale’ con il Pdl. Il Carroccio alza la voce e minaccia l’alleato che, invece, a tre giorni dai ballottaggi di Milano e Napoli, replica alla provocazione leghista con toni soft parlando di un accordo esistente per trasferire alcuni uffici confermando le parole di Silvio Berlusconi.
Il Cavaliere parlando a ‘Porta a Porta’, aveva deluso le aspettative dei lumbard declassando la richiesta di ‘’ministeri sul territorio’’ a semplici ‘’uffici di rappresentanza’’. Rabbiosa la risposta di Roberto Calderoli che invia al Popolo della Libertà quello che lui stesso definisce ‘’l’ultimo avviso’’:
– Ci sono problemi sui ministeri al Nord? Benissimo – scrive – vorrà dire che la frase ‘No Taxation without Representation’ diventerà ‘No Representation? No Taxation’.

Calderoli parafrasa uno dei principi liberisti della democrazia statunitense (‘’niente tasse senza rappresentanti parlamentari’’) ma il concetto è chiaro: la Lega pretende i ministeri al Nord, altrimenti l’alleanza rischia una crisi. Risuonano ancora le parole pronunciate martedì da Umberto Bossi:
– Berlusconi si convincerà.
Ma al momento il dialogo sembra fermo. Gelo dal Pdl, dunque, che con Gaetano Quagliariello ribadisce:
– C’è un accordo per il trasferimentro di alcuni uffici al Nord.

Il sindaco di Roma Gianni Alemanno, il più battagliero tra i pidiellini sulla questione ministeri, adotta un diplomatico ‘no comment’.
– Sono in silenzio elettorale… – replica ai cronisti che gli chiedono un commento alle parole di Calderoli.
Oggi, comunque, Bossi si impegnerà in prima persona con un giro per alcuni mercati di Milano a sostegno della Moratti, mentre la sera chiuderà il comizio a sostegno di Attilio Fontana a Varese. L’opposizione, intanto, ne approfitta e getta sale sulla ferita.
– La nota di Calderoli certifica il divorzio da Berlusconi e dal Pdl – afferma con tono trionfante Roberto Menia, coordinatore del Fli.

Per Michele Ventura, vicepresidente dei deputati del Pd, ‘’a tre giorni dal ballottaggio, fanno a chi la spara più grossa perchè hanno perso la testa. Ma Calderoli – conclude – ha davvero esagerato’’.
Ironico il presidente dell’Idv al Senato, Felice Belisario.
– No ministeri, no party? Calderoli come George Clooney o peggio come Berlusconi – dice – Ormai hanno esaurito le carte da giocare, non gli resta che il bluff dei ministeri.

Navigando su internet, più o meno scherzosamente, spuntano candidature per ospitare un ministero: si va da quelli di Milano a quelli per Reggio Calabria, passando per Modena e Salerno. L’operazione dei lumbard richiama alla memoria le prime proteste del movimento di Umberto Bossi, quando minacciava lo sciopero fiscale del Nord per ottenere la secessione.

E’ impensabile che il Carroccio torni a sventolare il vessillo della separazione, soprattutto dopo gli sforzi fatti per la riforma federale, ma sembra evidente che i lumbard vogliano tornare a dialogare con la propria base dopo la delusione elettorale del primo turno delle amministrative. Allo stesso modo, l’apertura sul referendum sull’acqua è una sorta di ‘ritorno alle origini’. Un ritorno alle origini, però, che non potrà non fare i conti con la ridefinizione del rapporto di alleanza con il Pdl. E sopratutto con Silvio Berlusconi.