Voto Onu su Palestina. Israele: offensiva diplomatica. Solo Italia e Germania «sicure»

TEL AVIV – Assai più inquieto di quanto non lasciasse trapelare fino a poche settimane fa, Israele pare intenzionato ad affidare ormai a una campagna diplomatica di pressioni sotto traccia le sue speranze di ostacolare – se non fermare – il sempre più probabile voto Onu sul riconoscimento formale d’uno Stato palestinese nei confini del 1967. Lo rivela il quotidiano liberal Haaretz, pubblicando documenti ufficiali riservati che riflettono un’affannosa corsa contro il tempo per cercare di guadagnarsi il favore almeno di alcuni Paesi ‘incerti’. E d’intaccare il consenso – apparentemente maggioritario in seno all’Assemblea generale delle Nazioni Unite – all’iniziativa messa in cantiere dall’Autorità nazionale palestinese (Anp) del presidente Abu Mazen per settembre, in assenza di un rilancio dei negoziati di pace. L’obiettivo è quello di scongiurare lo scenario di un isolamento internazionale troppo evidente, tale da mettere in imbarazzo anche l’alleato strategico americano e i due soli Paesi dell’Ue ritenuti già acquisiti alla ‘causa’: Germania e Italia.


Lo strumento scelto presuppone il coinvolgimento capillare e aggressivo di tutte le ambasciate, in un’azione coordinata – secondo quanto stabilito dal capo della diplomazia, Avigdor Lieberman, col premier, Benyamin Netanyahu – dal ‘Forum di settembre’: un vero e proprio quartier generale istituito ad hoc nella sede del ministero degli Esteri, scrive Haaretz. Il giornale, critico rispetto alla linea del governo, apre tuttavia una falla nel muro di discrezione innalzato dall’establishment per condurre la partita. E spiattella il testo di una circolare indirizzata alle sedi diplomatiche israeliane sparse per il mondo, a firma del direttore generale del dicastero, Rafael Barak, che svela per filo e per segno i fini, i mezzi e gli artifici dell’operazione.


”Il traguardo – scrive Barak – deve essere quello di attirare il numero massimo di Paesi in un atteggiamento di opposizione al processo di riconoscimento di uno Stato palestinese all’Onu”. Lo sforzo dell’Anp in questa direzione va presentato come ”un tentativo di erodere la legittimità dello Stato d’Israele”, prosegue l’alto funzionario, secondo il quale il primo argomento da utilizzare è che il ricorso all’Onu ”viola il principio in base a cui l’unica strada per risolvere il conflitto passa attraverso negoziati bilaterali”. La sfida va portata a tutto campo. E nessun Paese ”deve essere dato per perso in partenza”, incoraggia Barak, sollecitando gli ambasciatori e i loro staff ad agire nei rispettivi territori per far leva sugli ”esponenti politici (locali) di più alto livello e per mobilitare forze come le comunità ebraiche o le organizzazioni non governative” filo-israeliane. Ma anche, apertamente, a ”usare i media locali per influenzare le opinioni pubbliche”.


Un altro documento ministeriale, intercettato sempre da Haaretz, testimonia tuttavia che il governo israeliano è già rassegnato ad alcune ‘defezioni’, almeno nel novero dei Paesi dell’Unione Europea. Classificando in anticipo Germania e Italia come gli unici oppositori sicuri dell’iniziativa autonoma dell’Anp e indicando al contrario una lista di Stati schierati a priori dalla parte palestinese (come Svezia, Belgio, Portogallo o Irlanda). Mentre descrive come ‘arruolabili’ alcune realtà dell’Europa centro-orientale (Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia, Ungheria, Romania, Bulgaria) che non a caso Netanyahu e Lieberman progettano di visitare in tempi brevi. E lascia soprattutto aperto un enorme punto interrogativo su quei nomi che potrebbero alla fine spostare la percezione complessiva del risultato: in primis, Gran Bretagna e Francia.