Referendum 2011 – Pellegrino (Pd): «Il voto estero non concorre al quorum»

ROMA – È la Costituzione a «garantire agli italiani all’estero il diritto di voto», ma la Carta «non stabilisce che il loro voto debba concorrere al quorum sul referendum».


È quanto sostenuto da Gianluigi Pellegrino, l’avvocato che assiste il Pd nella vicenda referendaria, secondo cui la chiave interpretativa del «peso» del voto estero sta tutta nella sentenza della Corte costituzionale numero 173 del 2005. In quel caso il governo aveva chiesto alla Consulta di cancellare una norma elettorale del Friuli Venezia Giulia che escludeva gli italiani all’estero dal computo del quorum del 50% di votanti nelle elezioni nei comuni sopra i 15 mila abitanti.


Una sentenza che, secondo Pellegrino, si può benissimo applicare alle vicende del voto degli italiani all’estero sul nucleare. Come noto, i connazionali all’estero hanno ricevuto i plichi elettorali e iniziato a votare per corrispondenza giorni prima della sentenza della Cassazione che ha ammesso il quesito nucleare, cambiandone parzialmente il testo, nella parte, cioè, dei riferimenti normativi.


Nella sentenza del 2005, ha ricordato l’avvocato, la Corte Costituzionale sostenne che l’articolo 48 della Carta prevede solo di «assicurare la parità di condizione dei cittadini al momento in cui il voto viene espresso».


– Giammai – ha aggiunto l’avvocato – la Costituzione intende gravare i cittadini all’estero di un onere di partecipazione alle operazioni elettorali tale da condizionare persino l’esito del voto dei residenti in Italia, sui quali le norme oggetto di referendum direttamente incidono. La legge – ha ribadito – si è giustamente ben guardata dal prevedere che gli italiani all’estero concorrono a formare il quorum, avendo inteso soltanto garantire le modalità di computo della loro preferenza quando e se ritengano di esprimerla, e se, prima ancora, siano stati messi in condizione di farlo».


Cioè, per Pellegrino, la Legge Tremaglia «si è ben guardata dal prevedere che questi elettori all’estero concorrono a formare il quorum».


Due, per l’avvocato, gli «elementi» a sostegno di questa tesi: il primo è che lo spoglio del voto è affidato all’Ufficio elettorale presso la Corte di appello che comunicherà alla Cassazione solo i sì e i no. Il secondo è il silenzio di Cassazione e Corte Costituzionale sul problema del voto all’estero.


– Se non si sono posti il problema – per Pellegrino – è perché la concorrenza degli italiani all’estero al quorum non esiste.


Secondo l’avvocato, «non si capisce perché un italiano residente in Francia, a pochi chilometri da una centrale nucleare, dunque indifferente alla cosa, debba votare, o non votare, per decidere se installare un sito a Montalto di Castro, travolgendo la decisione di chi in Italia vive ed è interessato alla questione».


Il Governo, accusa il legale, «ha tolto agli italiani all’estero il diritto di esprimere validamente la loro preferenza. La sensibilità e il rispetto per gli italiani all’estero è stata quella di un brontosauro. Considerali oggi persino nel quorum vorrebbe dire aggiungere al danno la beffa: sarebbe come tenere i seggi chiusi in Italia e poi affermare che il quorum non è stato raggiunto».


Come annunciato nei giorni scorsi da Antonio Di Pietro, Idv presenterà oggi un ricorso in Cassazione proprio per non far considerare i voti esteri utili al raggiungimento del quorum. Stessa mossa anche dai Radicali, che presenteranno un’istanza sempre in Cassazione, mentre il senatore Pd Ceccanti ha presentato ieri il ddl «Modifica all’articolo 39 della legge 25 maggio 1970, n. 352, in materia di leggi del Parlamento che rendono superfluo un referendum già indetto».