Allarme Istat: in Italia 8 milioni di poveri

ROMA – In Italia i poveri superano quota 8 milioni, il 13,8% dell’intera popolazione. Si tratta di quasi 3 milioni di famiglie in difficolta’ (l’11% del totale). Il rapporto annuale dell’Istat sulle condizioni di vita nel 2010 rivela, così, come una larga fetta di italiani si trovi sotto la soglia della povertà relativa, e va avanti potendo contare su una spesa mensile inferiore ai 992,46 euro al mese. Ma non finisce qui: l’Istat stima che tra gli 8 milioni d’indigenti ci sono 3 milioni di persone (più di un milione di famiglie) definite ”poveri tra i poveri”, l’ampia schiera di cittadini che vive di stenti, tecnicamente in povertà assoluta, senza le disponibilità per conseguire standard di vita ”minimamente accettabili”.


Rispetto al 2009 l’Istituto di statistica sottolinea come in Italia ”la povertà risulti sostanzialmente stabile”, sia in termini relativi che assoluti. Anche se, guardando nel dettaglio i dati, si notano alcuni ritocchi all’insù, con il numero di bisognosi che supera quota 8 milioni. Ma, sopratutto, dietro un quadro complessivo quasi invariato si nascondono sofferenze sempre più forti per alcune fasce di popolazione. In particolare, la povertà relativa aumenta tra le famiglie di 5 e più componenti, tanto che risulta indigente quasi un nucleo numeroso su tre. Le condizioni peggiorano anche tra quelle con membri aggregati, come quei nuclei che vedono l’inserimento del genitore anziano nella famiglia del figlio.


Scontano maggiori privazioni anche i nuclei monogenitore, quelli che hanno a capo un lavoratore in proprio e le coppie di anziani con un solo reddito da pensione. Insomma, gli effetti della crisi hanno colpito sopratutto chi già andava avanti a fatica. Basti pensare che nel Mezzogiorno l’incidenza della povertà relativa sale nel 2010 al 47,3% dal 36,7% del 2009 nelle famiglie con tre o più figli piccoli. In generale, i livelli più alti di povertà (oltre il 40%) si riscontrano tra i nuclei che non possono contare su un reddito da lavoro o su una pensione.


A livello territoriale è l’Italia meridionale a soffrire di più, affermandosi come la ”patria” dei poveri, visto che assorbe 5,6 milioni di indigenti, ovvero il 68,2% del totale. Non a caso la Regione che sconta l’incidenza più alta (28,3%) è la Basilicata, mentre quella che se la cava meglio risulta la Lombardia (4,0%). E non è tutto: la condizione di miseria, infatti, tocca in Italia circa una famiglia su cinque. L’Istat spiega che il 18,6% dei nuclei è povero (11%) o quasi (7,6%), ovvero si avvicina alla soglia limite. Consumatori e sindacati commentano con preoccupazione le cifre emerse dall’indagine. La Cgil sottolinea che ”la manovra colpirà proprio le fasce più deboli”, e sulla stessa linea Cisl e l’Ugl. Il Codacons parla ”di dati incompatibili per un Paese civile”. E appaiono allarmate anche le associazioni degli agricoltori, con la Cia che calcola come ”due famiglie su cinque siano costrette tagliare la spesa alimentare”; mentre la Coldiretti fa notare che riducendo di appena il 20% gli sprechi di cibo si potrebbero sfamare gli 8 milioni di poveri.


Operai e disoccupati


Se la quota di poveri in Italia nel 2010 rimane sostanzialmente ferma ai livelli dell’anno precedente, c’è, tuttavia, chi ha visto peggiorare sensibilmente le proprie condizioni di vita. Nella maggior parte dei casi si tratta di coloro che già tiravano avanti con serie difficoltà, ma accanto al tipico identikit del povero italiano (disoccupato, con figli, meridionale) si affacciano nuovi profili. Ecco che a pagare il prezzo della crisi sono le mamme divorziate con figli a carico, le cosiddette famiglie monogenitore. Si ritrovano ad affrontare maggiori sofferenze anche le famiglie che hanno sulle spalle un nonno o uno zio anziano. Una vera e propria new entry sono i lavoratori in proprio: i nuclei dove la figura di riferimento è un commerciante, un piccolo imprenditore, una partita Iva monocommissione, dietro a cui si nascondono tanti collaboratori.


Passando alle cifre contenute nel rapporto dell’Istat sulla poverta’ nel 2010, emerge che il fenomeno tocca quasi un quarto delle famiglie con membri aggregati, una quota in aumento sul 2009 (dal 18,2% al 23%). Le spese di assistenza per l’anziano che vive sotto lo stesso tetto del figlio o del nipote, quindi, prosciugano il budget familiare. Insomma, non sempre i parenti sono una rete che ammortizza le difficoltà dei più giovani. Suscitano preoccupazioni anche le condizioni di chi si ritrova single con prole, più spesso tocca alle donne, che devono fare fronte agli esborsi tipici di una famiglia, dalla casa alle uscite per i figli, senza potere contare del tutto sul sostegno dell’altro genitore. Secondo gli ultimi dati dell’Istat, infatti, oltre il 14% delle famiglie mono parentali cadono sotto la soglia di povertà relativa (solo nel 2009 erano l’11,8%). E nel Mezzogiorno la quota schizza in alto al 27,2%, vale a dire che quasi un nucleo monogenitore su tre risulta povero. La situazione economica peggiora anche per chi ha messo su un attività autonoma: il 10,7% delle famiglie che hanno come persona di riferimento un lavoratore in proprio vivono di stenti, e la percentuale sale al 23,6% nel Sud (18,8% nel 2009). Intanto, la vita non diventa più facile per ”i vecchi poveri”, ovvero per gli operai, che scontano un’incidenza di povertà relativa tra le più alte (15,1% nella media nazionale e 28,7% nell’Italia meridionale), e per i disoccupati, visto che oltre un quarto vive in condizioni di miseria (26,7%).