L’11 settembre del Cile: marcia in ricordo di Allende

SANTIAGO DEL CILE – Migliaia di cileni ieri sono scesi in piazza per ricordare i 38 anni dal colpo di stato militare del 1973, che causò la morte dell’ex presidente socialista Salvador Allende, al governo dal 1970. La marcia, convocata da organizzazioni per i diritti umani, studenti e dirgenti politici è culminata nel memoriale del Cimitero Generale di Santiago del Cile.


L’Assemblea Nazionale per i Diritti Umani, organizzatrice della manifestazione, ha stimato in più di 5000 persone il numero dei partecipanti. La concentrazione è partita dalla capitolina ‘Plaza de Los Heroes’, a circa quattro isolati dalla sede del Governo, ed è giunta in assoluta tranquillità fino al cimitero, dove è stato reso omaggio alle vittime e ai desaparecidos del golpe.


Il presidente dell’Associazione dei Familiari dei Detenuti Desaparecidos (AFDD), Alicia Lira ha accusato il governo del presidente Sebastián Piñera, di aver indebolito le indagini sulle violazioni dei diritti umani durante la dittatura. “Sono stati introdotti una serie di ostacoli e negli ultimi anni non ci sono stati progressi nella ricerca sulle violazioni dei diritti umani durante la dittatura di Augusto Pinochet (1970-1973)”, ha riferito Lira.


Mentre si celebrava l’atto commemorativo presso il Cimitero Generale, i leader politici del Partito Socialista e del Partito Comunista hanno collocato corone di fiori presso il monumento dedicato a Salvador Allende, che si trova in ‘Plaza de la Constitución’. Sul luogo sono giunti anche parenti, amici e alcuni membri di quella che fu la guardia del corpo di Allende.


L’11 settembre 1973, un commando guidato dal generale Javier Palacios prese d’assalto ‘La Moneda’ (il palazzo del governo), su ordine di Augusto Pinochet, capo dell’esercito. Dopo pesanti combattimenti presso il palazzo e nelle zone vicine, il presidente Allende vedendosi circondato dai militari, decise di togliersi la vita.
Dopo l’assalto, Pinochet divenne presidente de facto fino al 1990, quando il potere passò nelle mani di Patricio Aylwin, dopo 20 anni in cui il Cile non aveva conosciuto nessun tipo di elezione democratica.
Nel periodo successivo alla morte di Salvador Allende si scatenò un’ondata di violenta repressione, soprattutto ai danni dei quartieri popolari, ‘los barrios’, che furono occupati militarmente.


“Viva il Cile! Viva il popolo! Viva i lavoratori! Queste sono le mie ultime parole e ho la certezza che il mio sacrificio non sarà vano. Ho la certezza che, per lo meno, ci sarà una lezione morale che castigherà la vigliaccheria, la codardia e il tradimento”. Questo il messaggio che il presidente lasciò ai suoi compatrioti poco prima di decidere di suicidarsi, anziché arrendersi di fronte all’orribile violenza perpetrata dalle forze armate.