Bankitalia: maggioranza in stallo, più di due candidati

ROMA – Sarà una decisione collegiale del governo a risolvere il rebus della successione a Mario Draghi in Bankitalia. E’ l’indicazione che emerge con chiarezza dal vertice di maggioranza di ieri. I tempi devono essere rapidi, ma serve un accordo politico.


L’Intenzione del premier Silvio Berlusconi, secondo quanto riferiscono fonti del Pdl, è quella di uscire dalla logica dello scontro personale con il ministro dell’Economia Giulio Tremonti. La decisione, insomma, non dovrà essere quella fra un candidato del premier e uno del ministro, ma dovrà emergere il profilo più condiviso dal Consiglio dei ministri. Una formula, quella della collegialità, che si presta a diverse interpretazioni.


La più accreditata è che si arrivi a una conta in Cdm su una terna di nomi: Fabrizio Saccomani, Vittorio Grilli e un terzo nome, che potrebbe essere quello di Lorenzo Bini Smaghi. In questo caso, il favorito resterebbe l’attuale direttore generale di Via Nazionale, che dovrebbe ottenere consensi, soprattutto tra i ministri di stretta ordinanza Pdl.


La strada alternativa sarebbe quella di una decisione a tre concordata fra Berlusconi, Bossi e Tremonti. In questo caso potrebbe essere anche un altro candidato a mettere d’accordo le parti. E, considerando l’esigenza di proporre un nome gradito in Banca d’Italia, l’attuale vice direttore generale Ignazio Visco avrebbe le sue chances.


Proprio i principi dell’autonomia e dell’indipendenza della Banca d’Italia, del resto, sono stati richiamati con forza dal Consiglio Superiore, l’organismo di Via Nazionale chiamato a esprimere parere sul candidato che sarà indicato dal governo. Un parere che pesa nella procedura di nomina e che non può essere derubricato a una pura formalità.In questo senso, ovvero per il rispetto delle regole e per una decisione il più possibile condivisa, si sta spendendo anche il Quirinale.


In questo quadro, chi ha parlato lo ha fatto tenendo ferma la procedura di nomina e il rispetto dei ruoli che prevede.


Efficace la sintesi del vice capogruppo Pdl alla Camera, Massimo Corsaro: quello della successione al vertice di Bankitalia “è un tema oggetto di valutazione, non una battaglia tra Berlusconi e Tremonti”, afferma, aggiungendo:
– Stiamo valutando le caratteristiche dei candidati che possono essere anche più di due; poi la decisione finale spetta al presidente del Consiglio.


Quanto ai tempi, confida: “non credo ci vorrà molto tempo”.


A sgomberare il campo dalla ipotesi che la decisione possa essere collegiale al punto da diventare quasi ‘parlamentare’ sono i capigruppo di Pdl e Lega alla Camera.


– E’ giusto che della nomina in Bankitalia se ne occupi il governo perché la procedura è chiara e prevede che la proposta sia fatta dal presidente del Consiglio al presidente della Repubblica, sentito il Consiglio dei ministri – ricorda il leghista Marco Reguzzoni.


Sulla stessa linea Fabrizio Cicchitto.


– Il tema della nomina del governatore della Banca d’Italia non è di competenza dei capigruppo parlamentari. Noi parlamentari abbiamo esaminato solo alcuni aspetti procedurali che devono essere quelli ispirati alla logica istituzionale di un confronto fra il premier a cui spetta la decisione finale e il Consiglio Superiore di Banca d’Italia.


Quindi, è chiaro, sarà il governo a indicare un nome che, per forza di cose, deve essere condiviso in Via Nazionale. In questo senso, mostra sicurezza uno dei ministri che sarà chiamato a esprimere la propria preferenza, il titolare della Funzione Pubblica, Renato Brunetta.


– Ricordo che a suo tempo Berlusconi ha indicato Mario Draghi che è stata una grande scelta. Il presidente farà nelle prossime settimane altrettanto una grande scelta – assicura.


Proprio il riferimento alla scelta fatta con Draghi sei anni fa e all’esigenza di garantire continuità con il suo mandato fa riferimento l’opposizione.


Con il Pd che torna a denunciare, nelle parole del responsabile economico Stefano Fassina, “l’irresponsabilità della maggioranza”, cui “sembra non esserci fine”. L’autonomia della Banca d’Italia, “una prestigiosa istituzione italiana”, insiste Fassina, “è un fattore fondamentale per compensare l’inarrestabile caduta di credibilità da parte del governo”.