Trent’anni di amore ed interessi

ROMA – Una storia d’amore e interesse durata oltre mezzo secolo, contrassegnata da assenze e da grandi dimostrazioni di fedeltà, quella tra Fiat e Confindustria.


Se ora Marchionne sancisce il divorzio del Lingotto dall’organizzazione che rappresenta gli industriali, nel 1974 Gianni Agnelli ne assunse addirittura la presidenza. Un ‘odi et amo’ di oltre 30 anni, molti di più se si segue il filo rosso del sistema di buone relazioni industriali perseguito da Fiat per consentire la piena governabilità degli stabilimenti.


Una strategia consociativa ‘ante litteram’ fu messa in atto dal fondatore Giovanni Agnelli, che badava più a tenersi buoni i sindacati interni che alle corporazioni care al duce, e proseguita da Valletta: se da un lato attuò una politica repressiva nei confronti della Fiom, dall’altro propose ai sindacati un contratto aziendale ‘solidaristico’ che, in cambio di modelli di produttività elevati, prevedeva un migliore trattamento economico rispetto a quello del contratto collettivo.


Negli anni del boom economico, se non ci fu perfetta sintonia tra Fiat e sindacato degli industriali fu dovuto alla maggiore disponibilità del Lingotto ad un modello che comportasse la piena produttività delle fabbriche.
Dopo l’autunno caldo Fiat cominciò a incidere sempre più nella politica di Confindustria di cui divenne parte integrante e nel 1974 Gianni Agnelli ne assunse la presidenza. Fu l’Avvocato a firmare l’accordo sulla ‘scala mobile’, il meccanismo di indicizzazione dei salari al costo della vita.


Agnelli lasciò la presidenza nel 1976 non senza critiche al suo operato, considerato debole, incompatibile con la situazione economica, non in grado di ottenere l’obiettivo prefisso: ridurre la conflittualità nelle fabbriche. Che anzi si aggravò. In quegli anni l’interlocutore privilegiato di Agnelli divenne Luciano Lama, segretario generale Cgil e principale artefice della politica delle tre confederazioni sindacali, con Cgil, Cisl e Uil.


Dopo la freddezza con cui Fiat accoglie l’elezione di Antonio D’Amato nel 2000, al vertice degli industriali arriva un altro ‘uomo Lingotto’: Luca Cordero di Montezemolo, presidente di Ferrari che diventa presidente Fiat nel 2004 dopo la morte di Umberto Agnelli. Nel giugno dello stesso anno Sergio Marchionne diventa ad del gruppo. Montezemolo lascia la presidenza di Confindustria nel 2008, due anni più tardi, alla fine di aprile, si dimette dalla presidenza della Fiat.