Bersani e Fini intravedono il voto

ROMA – Gianfranco Fini, in veste di presidente della Camera, e i deputati radicali, ormai in rottura aperta con il Pd, erano gli unici in aula. L’ opposizione diserta il discorso del premier per rappresentare plasticamente con il vuoto, sintetizza Pier Ferdinando Casini, ‘’la mancanza di governo nel paese’’. Pier Luigi Bersani e Antonio Di Pietro scelgono addirittura piazza Montecitorio per smantellare un intervento, come dice il leader Pd, ‘’penoso e prova dello sbandamento totale’’.


L’unica certezza che le opposizioni ricavano dai quasi venti minuti del discorso del presidente del consiglio è che il Cavaliere punta a tenere in piedi la maggioranza per far saltare il banco a gennaio, nel caso in cui la Consulta ammettesse il referendum, e andare al voto in primavera. Un’impressione che Fini confida ai suoi aggiungendo che ormai ‘’nemmeno Berlusconi crede più a quello che dice’’.


Nel Pd Massimo D’Alema aveva già ieri ipotizzato questo scenario e ieri Pier Luigi Bersani, pur non scartando il governo di transizione soprattutto per motivi di equilibri interni, ribadisce che ‘’in caso di crisi, se non riesce l’esecutivo di transizione, bisogna andare a votare perchè qualcosa bisogna fare per il paese’’. In realtà il segretario Pd è l’unico, con Antonio Di Pietro, a caldeggiare questo scenario mentre nel terzo polo le elezioni sono agitate come spauracchio verso i parlamentari Pdl per convincerli a saltare il fosso e appoggiare un governo istituzionale.


– Se si va al voto, come pensa Berlusconi – avverte Casini impegnato in questi giorni in contatti con deputati stanchi del Cavaliere – è chiaro che la metà dei parlamentari non saranno candidati. Uomo avvisato mezzo salvato.


Scenari che comunque restano all’orizzonte perchè oggi, salvo sorprese eclatanti che i bookmakers dell’opposizione escludono, il governo dovrebbe ottenere la fiducia.


– Oggi in Aula – sostiene Bersani – il premier ha fatto un richiamo all’ordine e quindi penso che la sopravvivenza possa ancora funzionare. Purtroppo è sopravvivenza e non governo del paese.
Il segretario del Pd evidenzia come Berlusconi abbia risposto con ‘’acqua fresca’’ alla richiesta di ‘’risposte credibili’’ arrivate dal Quirinale. Bersani evita così di dar voce ai malumori dentro il Pd verso il Colle.
– Il Capo dello Stato – sostiene – fa il suo mestiere, noi ci rivolgiamo al paese e la prossima tappa dopo la dissociazione di oggi è la manifestazione del 5 novembre.


Nessuna tolleranza invece per il drappello di deputati radicali che ancora una volta senza preavviso sono rimasti in aula e oggi, spiega il capogruppo Dario Franceschini, non si sa come voteranno (il timore è che non parteciperanno alla ‘chiama’ sulla fiducia). Rosy Bindi si infuria in Transatlantico e poco dopo Bersani li congeda.


– I radicali si sono autosospesi – afferma -, ne prendiamo atto. Seguano la loro strada, affari loro.