La riforma del voto all’estero: una vera priorità

ROMA – «Cambiare la legge sul voto all’estero è la priorità delle priorità»: così il segretario generale Elio Carozza ha introdotto il tema all’ordine del giorno dell’ultima sessione di assemblea plenaria. Una considerazione condivisa dai colleghi del Cgie che hanno dato vita ad un dibattito nel quale hanno ribadito i correttivi necessari alle procedure di voto.


Sullo sfondo, il recente ddl Berlusconi-Bossi, che riduce a cinque gli eletti all’estero e solo alla Camera, e la proposta del Pd, presentata sia alla Camera che al Senato dai capigruppo Franceschini e Finocchiaro, ma di cui non è ancora cominciato l’esame.


Il ddl del Governo, ha accusato Carozza, «è molto superficiale», al contrario «il testo del Pd obiettivamente risponde alle proposte che abbiamo avanzato nei mesi e anni scorsi». Il punto, per Carozza, è stringere i tempi, sia che si vada a elezioni anticipate, che si arrivi al 2013.


– In ogni caso – ha sottolineato -, abbiamo bisogno di una legge che funzioni.


Dei consiglieri intervenuti a dibattito, Primo Siena (Cile) è stato l’unico a proporre un sistema di voto misto: cioè «voto nei seggi dove i territori lo consentono e la corrispondenza per tutti gli altri».


– L’importante – ha detto Siena – è garantire che il voto sia al riparo da ‘indirizzi’ esterni».


Un «doppio meccanismo» impossibile da realizzare, gli ha subito replicato Norberto Lombardi secondo cui cambiare la legge è importante anche per «eliminare quegli elementi dannosi che si trascinano dietro un’immagine negativa della circoscrizione estero, la cui sopravvivenza è legata alle disfunzioni del voto». Ricordando le mozioni Garavini (Pd), Di Biagio (Fli) e Zacchera (Pdl) ancora in discussione alla Camera, Lombardi ha informato i colleghi che il Viminale ha già inviato delle osservazioni in cui si legge che «il voto per corrispondenza è un voto insicuro e da superare».


– All’Interno preferiscono i seggi, il che – ha commentato – ci riporterebbe «a caro padre» sul criterio dell’effettività del voto ex art 48 della Costituzione.


Temi, ha ricordato Mario Bosio (Francia), «su cui il Cgie già si è espresso, approvando anche specifici ordini del giorno».


Per Carlo Lizzola (Canada) il voto per corrispondenza «fa acqua da tutte le parti» mentre i seggi «non garantiscono l’effettività dell’esercizio del diritto, senza contare che in Paesi come il Canada sicuramente sarebbero vietati».


– Quindi – ha proseguitio – la mia domanda è: c’è qualcuno che sta considerando seriamente il voto elettronico? Ha un costo ridotto sia per l’organizzazione che per l’esercizio, garantisce segretezza.


L’esperienza francese è stata riportata alla plenaria da Gian Luigi Ferretti:
– Alle prossime elezioni i francesi all’estero eleggeranno i loro primi rappresentanti che questa volta saranno 11. Numero che si aggiorna automaticamente in base a quanti sono i francesi all’estero. Hanno anche l’iscrizione alle liste elettorali: chi si iscrive entro il 31 dicembre può votare per tutto l’anno seguente.
Quanto alle modalità, i francesi «ne hanno a disposizione quattro: seggi, corrispondenza, voto elettronico o per procura, di cui nessuno si scandalizza per il principio il voto è tuo e ne fai quello che vuoi».


Per Silvana Mangione (Usa), la proposta presentata dal Pd «contiene tutte le nostre indicazioni, dalla stampa delle schede all’opzione invertita e così via». Quanto all’ipotesi seggi, Mangione ha ricordato ai colleghi che «noi stessi dicemmo che il ‘sistema misto’ di cui parlava Siena poteva essere valido per certi paesi, ma la Dgiepm allora guidata dall’ambasciatore Benedetti fece un’analisi secondo cui l’ipotesi sarebbe stata inaccettabile per i costi».


Posto che «chi vota deve avere la consapevolezza di doverlo fare nel rispetto della legge», per Riccardo Pinna (Sud Africa) la cosa fondamentale è «farsi sentire per la proporzione tra eletti ed elettori, per essere trattati davvero alla pari».


Per Michele Schiavone (Svizzera) la parola d’ordine è «flessibilità» mentre Dino Nardi (Svizzera) ha ricordato che il voto per corrispondenza «c’era e c’è ancora in Svizzera e nessuno s’è mai posto il problema se chi vota sia o meno il destinatario del plico».


– D’altro canto in Italia – ha proseguito -, davanti ai seggi, non c’è forse il mercato dei voti? È chiaro che il sistema è da migliorare tecnicamente.


Anche per Augusto Sorriso (Usa) il voto per corrispondenza «è l’unico modo». Della stessa opinione anche Paolo Castellani (Cile), convinto che «nessun sistema è assolutamente sicuro», ma che la corrispondenza rimane «l’unico modo percorribile», anche se in Sud America i connazionali «cambiano spesso domicilio senza aggiornare i Consolati».


Sarà per questo che in Venezuela di 100mila plichi ne sono tornati indietro votati 20mila?


Per Ugo Di Martino (Venezuela) la responsabilità è nel rapporto Consolati-Comuni, più che dei connazionali. Ad ogni modo, ha concluso, «il voto per corrispondenza funziona se i sistemi postali funzionano. Dobbiamo garantire il recapito veloce dei plichi».