Pd, Renzi candida le idee Bersani: roba da anni ‘80

FIRENZE – La sua candidatura sul piatto ancora non c’è, ma Matteo Renzi sembra avere la strada spianata almeno per un posto tra gli sfidanti alle primarie del centrosinistra, sempre che si facciano. Non farle, per il sindaco fiorentino, sarebbe “peggio di un crimine”, un “errore madornale”.

Dalla tre giorni del Big Bang alla Stazione Leopolda, la seconda edizione dei “rottamatori”, Renzi porta come dote 100 idee, da ieri su internet su una WikiPd “a cui tutti possono dare il loro contributo”, per portare “una speranza nuova” senza più un partito dove vince la burocrazia, “fatto di slogan”. Una speranza che deve avere il volto del Pd ‘’che abbiamo’’, ma cambiando ‘’le facce dei politici’’. Per realizzare l’obiettivo servono le primarie, senza le quali il Pd dovrebbe cambiare nome: “non più democratico ma totalitario”, aggiunge ospite a ‘che Tempo che fa’.

L’immagine del “rottamatore” ora sembra andargli un po’ stretta: “Tutti usano questa parola”. Ma non sarà lui ad abbassare la testa nella polemica a distanza con il segretario Pierluigi Bersani, tornato ad attaccarlo. Non è un problema di anagrafe, “senza il Presidente Giorgio Napolitano, il Paese sarebbe a carte quarantotto”.
Renzi e i suoi compagni, primo fra tutti Matteo Richetti, vogliono un partito nuovo, non la riproposizione di un modello del ‘900, in cui gli elettori scelgono i dirigenti e chi deve contrapporsi al candidato del centrodestra, un partito fatto da “pionieri e non da reduci”. Pionieri che non sembrano poter annoverare Nichi Vendola, al quale dà una nuova stoccata: “Con il suo tradimento a Prodi uccise la speranza aprendo alla stagione degli inciuci”.

Dal palco della Leopolda che non sarà replicata il prossimo anno, ma da dove molti lo invitano a candidarsi (il premio Strega Edoardo Nesi, l’economista Luigi Zingales, Martina Mondadori), Renzi non parla molto di Berlusconi e spiega il motivo: “Siamo qui per parlare del futuro e lui non è il futuro”. Però lo accusa non tanto per le leggi ad personam quanto per “aver portato il nostro Paese, nell’immaginario collettivo, a essere come la sede della volgarità e della banalità”. E per chi non avesse capito il riferimento, il primo cittadino di Firenze lo chiarisce quando dice di soffrire pensando che i suoi figli “possano avere una visione della donna o dell’uomo in cui si paga per avere una donna, in cui si fa politica semplicemente partecipando a degli incontri particolari”.

Il sindaco per il momento non si candida alla segreteria del Pd, “non so se alla fine lo faremo’’ dice, ma con le 100 idee è convinto che le oltre 10.000 persone circolate alla Leopolda, e gli oltre 500 mila contratti via streaming, hanno fatto un piacere all’Italia “restituendo dignità alla politica”, e vuole che l’Italia torni a essere “patria della bellezza e non della volgarità”. Una situazione nella quale il centrosinistra non può non vincere, “se accadesse saremmo da Tso, da trattamento sanitario obbligatorio”.

Il suo auspicio non è che nel Pd non si litighi più ma che “si litighi meglio”, sui contenuti: “Non si ferma il vento con le mani, non si ferma il desiderio di chi ha voglia: apriamo, spalanchiamo le porte della politica”, conclude rivolgendosi a Bersani.

Bersani: “Idee da anni ‘80”

Basta con “l’idea che un giovane per andare avanti deve scalciare e insultare”. Non fa nomi, Pier Luigi Bersani. Ma mentre a Napoli lancia i 2mila giovani “ricostruttori dell’Italia” della scuola politica del Pd, le sue parole rimbalzano a Firenze, al ‘big bang’ di Renzi. Che replica a muso duro: “Non sono un asino e non scalcio. Certo, non sono abituato a fare la fila con i capicorrente”.

All’ombra del Vesuvio Bersani inaugura il percorso di formazione politica per i giovani democrati del Sud che durerà un anno. “Ricostruttori”, li definisce. Perché l’obiettivo è “ricostruire l’Italia” partendo proprio “da qui”, dal Sud.

Il segretario approfitta per rimbrottare il sindaco di Firenze che vuole mandarlo in pensionamento anticipato.Basta con i giovani che scassano, “scalciano, insultano”: la contrapposizione “giovani-adulti è una stupidaggine di dimensioni cosmiche – dice – Anche perché è chiaro che tocca ai giovani, a chi deve toccare?’’. E ancora: “Guai a un ricambio senza cambiamento, guai a un ricambio secondo lo slogan: ‘vai via tu che arrivo io che son più giovane’’’, avverte. Il Pd è un “collettivo: da soli non si salva il mondo”, spiega a una platea gremita che lo acclama, ma che, osserva, è stata snobbata dai media.

Il ragionamento del segretario è rivolto a tutti (“nessuna personalizzazione”, dice Davide Zoggia, della segreteria). Ma alla Leopolda, dove Renzi ha catalizzato l’attenzione dei media, certe frasi risuonano come stilettate e provocano una dura risposta: “Non so a chi si riferisca Bersani, io non sono un asino e non scalcio”, tuona il sindaco. Dal segretario “mi aspetto risposte sui contenuti. Non stiamo rompendo il Pd. Parliamo di cose concrete, di contenuti e farmi passare come un marziano funziona poco”.

Bersani non è il solo a essere poco tenero con il sindaco di Firenze. “Renzi sei vecchio quanto il liberismo’’, interviene Nichi Vendola, che tra il ‘vecchio’ Bersani e il ‘giovane’ sindaco “di destra” ha già scelto il primo, con cui sta costruendo un’alleanza e avverte “una sensibilità comune”. Anche a lui Renzi risponde: “Ero all’università quando Vendola con Bertinotti mandava a casa Prodi’’.

Assai più indulgente verso il sindaco, invece, Pier Ferdinando Casini: “I giovani hanno sempre scalciato”, dice. Mentre dall’interno del Pd un gruppo di deputati 30-40enni scrive al segretario per mettere ‘’in un’assemblea ‘tutti dentro’, per confrontarsi tutti insieme’’.

Intanto, sullo sfondo resta la partita delle primarie per la premiership del centrosinistra. Sergio Chiamparino, Pippo Civati e lo stesso Renzi, iscrivono il loro nome tra i possibili candidati. Sfidanti di Di Pietro, Vendola e soprattutto Bersani.