A colloquio con Emanuele Schibotto, l’Italia e la Globalizzazione

CARACAS – Globalizzazione: una parola nuova per un fenomeno antico? Più di uno storico ha individuato nell’Impero Romano, ad esempio, una delle sue prime manifestazioni. Dal dominio coloniale spagnolo e portoghese al Rinascimento, passando per la Rivoluzione Industriale, fino a giungere ai nostri giorni, diversa è stata la terminologia utilizzata per definire processi simili di graduale integrazione interregionale.


Un argomento di notevole interesse nel quadro della società attuale del quale proveremo a tracciare un’analisi, in termini assoluti ed altresì in relazione alla realtà dell’Italia, grazie al contributo del Dott. Emanuele Schibotto. Esperto in relazioni internazionali, Dottorando di Ricerca in Geopolitica presso l’Università Guglielmo Marconi di Roma, nonché Coordinatore Editoriale della rivista Equilibri.net è giunto a Caracas da alcuni giorni per partecipare ad una serie di conferenze incentrate su questo tema.


– Dott.Schibotto può aiutarci nell’individuare una definizione concreta ed attuale del termine “Globalizzazione”?


– La definizione data da uno dei massimi studiosi del fenomeno, il Prof. David Held, identifica la globalizzazione ‘latu sensu’ come l’ampliamento, l’intensificarsi, il velocizzarsi e l’impatto sempre maggiore della inter-connettività mondiale. Per riprendere un’altra metafora molto famosa, Thomas Friedman ha affermato che il “mondo è diventato piatto”. Volendo contestualizzare il fenomeno nell’ambito economico, globalizzazione significa una maggiore integrazione sia tra le diverse regioni che all’interno delle stesse.


– Il fenomeno attuale ricalca, secondo alcuni analisti internazionali, la fase storica vissuta tra il 1870 ed il 1913. Può tracciare un quadro di similitudini e divergenze tra la realtà di quel tempo e lo scenario presente?


– Entrambi i periodi storici sono caratterizzati da forti movimenti di capitali, persone e beni. Secondo alcuni studiosi il periodo antecedente la Prima guerra mondiale presentò valori relativi addirittura maggiori di quelli registrati nel corso degli ultimi tre decenni. Ricordiamo, ad esempio, che tra il 1900 e il 1914 furono 8 milioni i migranti italiani che lasciarono il Belpaese: circa un quarto della popolazione. La differenza fondamentale tra le due globalizzazioni riguarda la rapidità dei movimenti odierni associata al progresso tecnologico ed ai nuovi mezzi di informazione. Pensiamo, ad esempio, alla possibilità per un italiano residente in Venezuela di trasferire parte dei suoi guadagni in Patria: tutto ciò avviene in tempo reale.


– Dott. Schibotto, se fosse chiamato a dare un giudizio in merito all’attuale globalizzazione economica, propenderebbe per un parere positivo o negativo? È possibile individuare dei casi concreti di successi e fallimenti riconducibili a questo fenomeno?


– Sovente si incorre in una interpretazione della globalizzazione per “chiaroscuri”, evidenziando, a seconda dei contesti, caratteristiche positive o negative – quasi a voler dare un’etichetta al fenomeno. Per un giudizio oggettivo invece, il punto di partenza dovrebbe essere non tanto la globalizzazione in sé quanto la gestione della stessa. Come sottolinea il Professor Stiglitz, la globalizzazione economica infatti non è né positiva né negativa: assume connotati diversi a seconda della gestione operata dagli Stati. Ad esempio, tra i principali casi di successo figurano la Cina e la Germania. Questi due Paesi hanno saputo non soltanto adattarsi al contesto, ma ne hanno inoltre tratto i massimi benefici. Tra i fallimenti pensiamo a tutti quegli Stati ricchi di risorse naturali (i cosiddetti resourse states) che non sono stati in grado di intraprendere un solido cammino di sviluppo economico pur avendone a disposizione mezzi ed opportunità.


– Traendo spunto dalla domanda precedente, che valutazione darebbe della performance italiana degli ultimi dieci anni? Quali i punti di forza e di debolezza del sistema Italia?


– In un mondo globalizzato, la competizione internazionale diviene un fattore sempre più rilevante. Ogni Stato compete sui mercati con i propri concorrenti diretti nei settori dove presenta un vantaggio comparato, cioè a dire la capacità di ottenere, in un determinato ambito, una performance maggiore calcolata in termini relativi. L’Italia in questo senso può vantare posizioni di leadership mondiali nel settore manifatturiero così come nel commercio internazionale. Si tratta tuttavia di posizioni raggiunte più grazie alla spinta del singolo che tramite una efficace valorizzazione del sistema Italia. Tra le debolezze italiane si pensi al turismo: un settore nel quale il Paese si colloca al quarto posto nella classifica mondiale di turisti accolti ogni anno, registrando oltre 30 milioni di arrivi in meno rispetto alla Francia, prima destinazione e competitor diretto.


– Il dato che lei fornisce è in qualche modo allarmante. Con 44 siti “Patrimonio dell’Umanità”, l’Italia emerge nell’elenco dell’UNESCO come primo Paese al mondo. Purtroppo è evidente che parte del potenziale artistico, culturale e naturale del Belpaese rimane invece inespresso. Quale potrebbe essere il sentiero da percorrere al fine di delineare un quadro più in linea con le nostre capacità?


– La sfida per il rilancio dell’Italia deve necessariamente passare per l’attuazione di politiche efficaci che favoriscano la crescita economica; il maggior coinvolgimento delle giovani generazioni (nell’ultimo decennio attori non protagonisti dell’economia italiana); ma soprattutto insisto sull’importanza della valorizzazione del sistema Paese. Ritornando al turismo, ad esempio, Paesi come Francia e Spagna si adoperano nel mondo per promuovere un’unica immagine – vendono in altri termini un unico brand, un “prodotto” unitario. L’Italia invece si ritrova, a causa di scelte e politiche discutibili, nella situazione di valorizzare molto più le singole regioni. Questo aspetto andrebbe affrontato al più presto.


– Dott. Schibotto, nel corso di questa intervista Lei non ha risparmiato torni critici nel confronti del nostro Paese. Ciononostante, sente di poter essere ottimista riguardo al futuro dell’Italia? Esistono le condizioni per un rilancio?


– Come da Lei giustamente sottolineato, l’Italia ha un patrimonio materiale inestimabile ed unico al mondo. Ma la vera forza del Paese risiede nel suo immenso patrimonio immateriale, cioè il suo popolo: l’inventiva e la creatività degli italiani sono virtù impareggiabili, risorse che se adeguatamente incoraggiate possono innescare un vero rilancio dell’economia.