Un pirata poco ribelle

Quest’anno che volge ormai al termine è stato certamente ricco di avvenimenti straordinari, tanto per la loro dinamica che per il significato simbolico che hanno rappresentato. La cosiddetta ‘primavera araba’ ha fatto sì che alcuni regimi dittatoriali, esistenti in nord Africa, siano stati rovesciati in pochi mesi. Queste rivoluzioni saranno ricordate soprattutto per gli strumenti con i quali sono nate e si sono formate: i social network, grazie ai quali milioni di persone si sono potute riunire nelle piazze ed hanno potuto mostrare le loro rispettive realtà locali al mondo intero.


In contemporanea con questi avvenimenti, quasi per uno strano scherzo del destino, un fatto di cronaca ha suscitato lo stesso interesse delle rivoluzioni nordafricane: la morte del fondatore di Apple, Steve Jobs. L’impatto mediatico generatosi già nei minuti immeditatamente successivi alla sua scomparsa è stato dirompente ma di questo, in fin dei conti, non c’è poi tanto da meravigliarsi; è, infatti, la natura stessa della sua creatura a fare della scomparsa del ‘Pirata Californiano’, come si è più volte definito Jobs, l’evento dell’anno, in onda sul palcoscenico virtuale planetario di questo 2011. Eppure, in Steve Jobs c’era dell’altro, al di là della consueta cronaca che tanti soldi porta alle aziende che se ne aggiudicano i servizi in esclusiva.


Le sue invenzioni non sono state il frutto della classica formazione accademica impartita dalle grandi università statunitensi, ma della passione e della voglia di fare qualcosa d’importante, nate nel garage della sua casa, in California. Questo non ci deve, però, far pensare a Jobs come ad un uomo al di fuori del mondo; erano, infatti, continui ed assidui i corsi di aggiornamento che frequentava presso le più grandi aziende, per capire meglio quel mondo che lo avrebbe visto come protagonista massimo. Tutto ciò m’induce a riflettere su due aspetti importanti della sua vita:


Il primo riguarda le origini di questo grandissimo manager che, tra le altre cose, ha stravolto le dinamiche delle industrie della comunicazione, della musica e dell’informatica. Steve Jobs è nato da una relazione giovanile tra universitari: il padre siriano e la madre nordamericana. Successivamente, è stato affidato alla famiglia Jobs, da cui il cognome, appunto. Non è certamente il primo caso di un genio nato un po’ per ’sbaglio’, come si dice volgarmente. Ad esempio, una delle più grandi cantanti jazz di tutti i tempi, Billie Holiday, nacque da una relazione tra un giovane musicista ed una ragazza minorenne. Il grandissimo Charlie Chaplin, non crebbe  certo in una famiglia normale né tantomeno agiata, tutt’altro. Eppure, chi mai avrebbe potuto cantare canzoni come ‘All of me’ o creare film come ‘Il grande dittatore’? Di certo nessuno. Curiosamente, l’uomo è un essere vivente che non ha il potere darsi la vita, ma ha il potere ed il diritto, almeno per la legge occidentale, di toglierla, tanto a se stesso come agli altri. Il suicidio, la pena di morte e l’aborto hanno tutti come effetto irreversibile e conseguenza certa l’interruzione immediata dell’esistenza di un individuo. Per fortuna, oserei dire, Steve Jobs è esistito, e di questo credo che il mondo ne sia lieto e grato.


L’altro aspetto interessante è legato sempre alle origini di Jobs ma non così direttamente come il primo. Mi chiedo cosa sarebbe successo se egli fosse tornato a casa di suo padre, Abdulfattah Jandali, in Siria, anziché crescere negli Stati Uniti. Non potremo mai saperlo, ma quel che costatiamo è che quest’uomo ha avuto certamente l’opportunità di poter diventare forse il più grande manager dei giorni nostri; sicuramente per meriti propri, ma anche per essere cresciuto in un ambiente dinamico, stimolante ed altamente competitivo.


Personalmente, non credo che avesse tanto di ‘ribelle’ nell’essere manager; piuttosto parlerei di ‘anticonformismo’, questo sì. Jobs ha capito benissimo come funzionava il settore industriale di cui faceva parte ed è riuscito a sfruttare al massimo il modello capitalista americano, convertendo i suoi ottimi prodotti in uno status-symbol e convincendo così milioni di persone ad acquistarli. Grazie a questo, la società da lui fondata è riuscita ad avere una liquidità maggiore addirittura di quella degli stessi Stati Uniti d’America. Una cosa è certa: possiamo fare certamente a meno di comprare un i-pod, ma sicuramente non avremmo potuto fare a meno del suo creatore.


Andrea De Vizio