Pregiudicato ucciso per errore:omicida, “aiutò mia famiglia”

(ANSA) – CAGLIARI, 12 OTT – E’ scoppiato in lacrime davanti al gip Roberto Cau che lo stava interrogando, ricordando che Sandro Picci, il 47enne che ha ucciso per errore domenica scorsa nel quartiere di Is Mirrionis a Cagliari, aveva anche organizzato la colletta per pagare il funerale di sua nonna. Martin Aru, il 24enne reo confesso dell’omicidio, non ha retto alle ore di interrogatorio davanti al giudice e al pm Guido Pani. Alla fine, l’avvocato difensore Marco Fausto Piras, ha chiesto di sospendere il faccia a faccia perché il suo assistito piangeva e non era più in grado di affrontare l’interrogatorio iniziato di mattina alle 9:40 e interrotto solo poco prima delle 13. Dopo il giovane è stato sentito anche il padre, Massimiliano Aru, arrestato con l’accusa di concorso nel delitto, che è assistito dall’avvocato Stefano Siotto Pintor. Dopo la confessione fatta subito dopo l’arresto, oggi Martin Aru ha iniziato a rispondere alle domande del giudice Cau confermando tutto quanto ciò che aveva già dichiarato agli investigatori. Ha confermato di aver sparato temendo che la persona con cui stava discutendo stesse estraendo qualcosa dalla cintola, ma di aver colpito Picci per errore. E’ proprio a quel punto che, non reggendo più la tensione emotiva, il ragazzo ha avuto una crisi che ha reso necessario l’intervento dei medici e l’interruzione dell’interrogatorio sollecitata dal difensore. “Ho ucciso una persona che non c’entrava nulla – avrebbe detto tra le lacrime – uno che ha sempre aiutato la mia famiglia”. In precedenza, poi, il giovane aveva cercato di alleggerire la posizione del padre, dicendo al giudice che il genitore non sapeva della pistola, mentre la frusta Massimiliano Aru l’avrebbe sequestrata al figlio per evitare che la usasse. Non è escluso che Martin Aru possa essere sentito nuovamente dal gip nei prossimi giorni per riprendere l’interrogatorio interrotto. A scatenare il delitto un post su Facebook, seguito da una lite sulla chat di WhatsApp, ritenuto da Aru un insulto così pesante da doversi vendicare con una spedizione punitiva. (ANSA).