Facebook perde anche in appello con azienda italiana

MILANO. – Perde anche in appello Facebook, nella causa civile intentatagli contro da una piccola società dell’hinterland milanese di sviluppo di software, la Business Competence, dalla quale il colosso statunitense dei social network ha copiato, secondo i giudici, un’applicazione che propone agli utenti bar e ristoranti di loro interesse e vicini al luogo in cui si trovano.

Giudici che hanno parlato, tra l’altro, di una vera e propria “appropriazione parassitaria”. La Corte d’Appello civile di Milano, infatti, ha rigettato il ricorso avanzato dalla società di Mark Zuckerberg e ha confermato “integralmente” la condanna inflitta nell’agosto 2016 per violazione del diritto d’autore e per concorrenza sleale.

Il collegio della Sezione specializzata in materia di impresa, presieduto da Amedeo Santosuosso, ha anche stabilito che il gigante californiano dovrà versare 1750 euro di spese processuali all’azienda di Cassina De’ Pecchi, nel Milanese. Nell’ottobre 2012, l’azienda italiana aveva ideato e lanciato la app Faround e poi poco meno di due mesi dopo, nel dicembre dello stesso anno, il social network di Zuckerberg aveva proposto agli utenti di scaricare la sua Nearby.

Un’applicazione quest’ultima che, però, per Business Competence, che ha deciso di portare in Tribunale il colosso Usa, è identica alla propria per “concept e format”, ad eccezione soltanto degli aspetti grafici. Una tesi condivisa sia dai giudici civili di primo grado che da quelli d’appello che hanno confermato la condanna inflitta dal Tribunale.

Come si legge nella sentenza, infatti, per la Corte non esistono prove che “Nearby Places sia stata sviluppata in modo autonomo da Facebook rispetto a Faround”. Da qui, a detta dei giudici, la conseguente “appropriazione parassitaria di investimenti altrui per la creazione di un’opera dotata di rilevante valore economico”.

Alla fine del 2016 il Tribunale, nella fase cautelare del procedimento, aveva anche respinto la richiesta di Facebook di sospendere l’esecutività della sentenza di primo grado. E’, invece, ancora in corso (con udienza fissata per domani) davanti al giudice civile Silvia Giani il giudizio di primo grado relativo alla quantificazione del danno che avrebbe subito Business Competence dalle violazioni contestate a Facebook.

Intanto, i media statunitensi hanno dato conto che dal 2015 il social network avrebbe speso 20 milioni di dollari, di cui 7,3 milioni solo nel 2017, per la “sicurezza” del suo amministratore delegato. In particolare, sarebbero circa 1,5 i milioni di dollari spesi per i viaggi di Zuckerberg su jet privati. Costi considerati, tuttavia, dal colosso ‘a stelle e strisce’ “appropriati e necessari”.

(di Manuela Messina/ANSA)

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