Amatrice, con un referendum decide per la secessione dal Lazio

ROMA. – Domani alle 21 il Consiglio comunale di Amatrice voterà se indire o meno il referendum consultivo per chiedere ai residenti del piccolo centro montano in provincia di Rieti se vogliono rimanere nella Regione Lazio o annettersi all’Abruzzo (come prima del 1927) o addirittura, si dice, alle Marche. L’iniziativa è guidata dal sindaco Sergio Pirozzi, uomo di centrodestra ma con una squadra, afferma, “che comprende anche persone di sinistra”, in aperta polemica con la Regione Lazio e la prevista riconversione del locale ospedale, il ‘Grifoni’, in una Casa della Salute. Una protesta che ha portato il comitato pro-ospedale ad addobbare la facciata del Municipio (certamente senza contrariare il sindaco) con vistosi striscioni pro-referendum (‘Via dal Lazio’, ‘L’ospedale non si tocca’, ‘Non ci meritano’). Il Consiglio comunale è stato convocato lo scorso 16 agosto, e si terrà nel Centro Culturale San Giuseppe. Tutta la popolazione è invitata a partecipare, e si preannuncia una seduta ‘calda’, anche perché la locale opposizione, guidata dal Pd Francesco Di Marco, voterà contro e di certo non farà mancare di far sentire la sua voce. Stando a quanto disposto dal governatore-commissario alla Sanità laziale Nicola Zingaretti, il piccolo ospedale ‘Grifoni’ di Amatrice dovrà trasformarsi in una ‘Casa della Salute’, cioè in un presidio sanitario di prossimità, uno dei tanti che l’amministrazione Zingaretti ha intenzione di aprire sul territorio laziale. Amatrice però, ribatte il sindaco, è a mille metri d’altezza ma soprattutto è a circa 70 chilometri dall’altro ospedale più vicino. E poi: perché, si chiede, aree come Monterotondo o Bracciano sono considerate ‘disagiate’ e noi, estrema propaggine della provincia di Rieti, invece no? “E’ la goccia che ha fatto traboccare il vaso – afferma oggi Pirozzi – riconoscere l’errore, riconoscere Amatrice come area disagiata penso sia doveroso da parte della Regione. Io non ce l’ho con Zingaretti, ma ogni cinque anni si ripropone questa cosa. I cittadini allora si devono fare una domanda: vale la pena stare ancora nel Lazio? Se decideranno che stanno bene nel Lazio va bene, non sarà una mia sconfitta. Ma oggi – conclude il sindaco – dobbiamo difendere i territori marginali. Deve diventare una battaglia di tutti”. L’iter per sganciarsi da una Regione non è facilissimo: dopo l’indizione del referendum (che dovrebbe passare, visti i rapporti di forze in Consiglio comunale), serve, oltre al voto positivo della cittadinanza, una legge nazionale e un passaggio dai Consigli regionali di partenza e di arrivo, così come previsto dalla Costituzione.

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