Napolitano: «La Resistenza è ancora attuale»

PESARO – ”Dinanzi alla crisi che ha investito l’Italia e l’Europa abbiamo bisogno di attingere alla lezione di unità nazionale che ci viene dalla Resistenza, e abbiamo bisogno della politica come impegno inderogabile che nella Resistenza venne da tanti riscoperto per essere poi quotidianamente praticato. Ci si fermi a ricordare e a riflettere, prima di scagliarsi contro la politica”. Un applauso ha accolto questo passaggio del discorso fatto da Giorgio Napolitano alle celebrazioni del 25 aprile a Pesaro in cui il capo dello Stato ha voluto sottolineare come ancora oggi sia attuale la lezione della Resistenza.
Napolitano ha citato la toccante lettera lasciata da uno studente di Parma, Giacomo Ulivi, fucilato nel ’44 a Modena:
”Tutti i giorni ci hanno detto che la politica è un lavoro di ‘specialisti’… e invece la cosa pubblica siamo noi: dobbiamo curarla direttamente, personalmente, come il nostro lavoro più delicato e importante’. Ecco – ha commentato il Presidente – quante cose aveva capito quel ragazzo, combattendo per liberare l’Italia dal fascismo e dalla sua ventennale intossicazione delle coscienze. E il messaggio di quel ragazzo, di quel giovanissimo eroe non restó isolato né vano. Se fu possibile far rinascere l’Italia lo fu perché in moltissimi si avvicinarono alla politica non considerandola qualcosa di ‘sporco’ ma vedendo la cosa pubblica come affare di tutti e di ciascuno”.
– La Festa della Liberazione – ha proseguito – è anche la festa della riunificazione dell’Italia brutalmente divisa in due dall’occupazione tedesca. Anche di quel terribile, sanguinoso periodo di divisione bisogna continuare a rievocare e trasmettere la storia.
Napolitano ha poi ricordato gli uomini ‘semplici’ della Resistenza che peró ”sacrificarono la loro vita a ideali di amor patrio, libertà e solidarietà: un operaio della Dalmine di Bergamo, un finanziere di Sondrio, un parroco del frusinate, un medico ebraico che a Piacenza prestava cure ai partigiani feriti”.
– Si continua dunque a scavare – ha detto ancora Napolitano – nelle vicende di quel periodo cruciale e questo sforzo di esplorazione e diffusione della verità e di celebrazione di quanto hanno saputo esprimere di più nobile e forte gli italiani per la salvezza comune e il comune avvenire, non deve mai cessare o attenuarsi, perchè non si disperdano insegnamenti ed esempi di cui abbiamo ancor oggi acuto bisogno.
Il Presidente, al termine del suo discorso – molto applaudito – è sceso dal palco, dopo aver salutato le autorità presenti e aver dato un buffetto affettuoso a un amico storico, l’avvocato pesarese Giorgio De Sabbata, partigiano e senatore del Pci, e si è avvicinato ai bambini che erano in prima fila. Ha firmato le bandierine tricolore che gli porgevano e accolto con sorrisi le incitazioni della folla: ”Presidente, ci salvi lei”, ”Ci resta solo lei”, ”Tenga duro”, e a un cittadino che gli diceva: ”Non ci lasci” ha risposto alzando le braccia.
Lontane, e contenute, le contestazioni da parte di un gruppo di una ventina di militanti di Forza Nuova, che nella zona del lungomare, distante dalla cerimonia, hanno esibito striscioni con su scritto: ”Giorgio, il presidente più amato dalle banche”.

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