Jacques como Gilles, a Fiorano gira la 312T4

FIORANO – “Da papà ho ereditato il piacere di correre, di spingere al massimo, di dire agli altri: vedi cosa sono stato capace di fare io e tu no? Di rischiare, insomma, cosa che poi non serve a nulla per le classifiche. Diciamo che sono stato fortunato a correre in una F1 più sicura, altrimenti sarei morto anch’io, come mio padre”.

Sangue di Villeneuve. A parlare è il giovane dei due piloti, Jacques. Il dna di cui parla è quello ereditato da Gilles, morto giusto 30 anni fa, l’8 maggio1982 inqualifica a Zolder. Ieri l’erede ha guidatola Ferrari312 T4 con cui papà vinse 3 Gp nel ‘79. Maranello ha organizzato tutto, un modo per celebrare il mito, qual è Gilles Villeneuve, e far provare al figlio che si laureò campione del mondo nel ‘97 conla Williams Renault, dopo il duello a sportellate conla Ferraridi Michael Schumacher a Jerez dela Frontera, l’ebbrezza struggente di mettersi al volante della macchina che fu del padre, in altra epoca, in altre storie.

In pista a Fiorano, il Cavallino ha chiamato il pilota canadese, e attorno a lui una folla di fornitori, lo stato maggiore di Maranello, compresi Alonso e Massa, giornalisti. Il pilota si è fatto accompagnare dalla mamma, Joanne, e dalla sorella Melanie. Seguivano tutti Gilles in camper, con un autista e un cane lupo: “All’epoca – dice Melanie – il mondo normale era nel paddock. Il luna park era fuori”. C’é anche l’assistente di Enzo Ferrari, Brenda Vernor, dentro il circuito a cui si accede transitando sul lungo viale non a caso intitolato a Gilles Villeneuve. Il figliolo indossa il casco coi colori del padre, entra in quella brutta ma vincente vettura che portò il padre al secondo posto nel mondiale ‘79 dietro al compagno di squadra Jody Scheckter, accende il motore alle 10.40, due minuti dopo parte, dapprima prudente, poi sempre più confidente: “E’ una F1 vera”, dice più tardi dell’esemplare, che appartiene alla Donelli Vini di Giacobazzi, e che in 30 anni non ha mai girato. A seguire due piccoli stop, prima lo spegnimento del motore all’uscita dal box, poi in un tornante, ma il test funziona.

Jacques ora sa cosa sentiva il padre, 33 anni prima, almeno. Ad osservare i suoi giri, la squadra dei meccanici che accompagnarono il genitore. Capelli bianchi, ovviamente, gente in pensione, con gli occhi lucidi per l’evento e i ricordi. Ricordi, appunto. Di cui si parla in una tavola rotonda condotta da Pino Allievi, firma della Gazzetta dello Sport, con Jacques, Alonso, Massa e Piero Ferrari. Il canadese, nell’ottimo italiano che possiede, oggi come all’epoca in cui correva non trattiene le parole. E’ personaggio, più di quanto non lo possano essere i piloti di oggi. E dice, trovando d’accordo i ferraristi, che all’epoca i piloti erano più corretti, “anche perché se mandavi uno contro il muro lo ammazzavi. Oggi forse si fidano troppo della sicurezza raggiunta, ma si vedono manovre che non si dovrebbero vedere”. Sullo schermo alle spalle scorre la più bella pagina di sempre in F1, il duello tra Villeneuve e René Arnoux nel Gp di Francia a Digione, una serie di sorpassi e controsorpassi da brividi, concluso dallo scatto risolutivo della Ferrari sulla Renault. Brividi. Come quando si rievoca quell’8 maggio1982 inBelgio, e viene fuori, inevitabile, la rabbia degli ultimi giorni di vita di Gilles, forse arrivato a Zolder offuscato da quello che subì come un enorme torto. Il gp precedente, quello di San Marino a Imola il 25 aprile 1982, Villeneuve era in testa, il compagno di squadra Didier Pironi subito dietro.

Il box (ricorda l’ing.Mauro Forghieri, che quel giorno non era al muretto) espose il cartello ‘slow’, ‘rallentate’. Non c’era bisogno di rischiare, era doppietta sicura. Il canadese, memore dell’accordo che aveva sempre rispettato secondo cui in questi casi si mantengono le posizioni acquisite, alzò il piede dall’acceleratore. Pironi no. Pensò fosse uno spot per i tifosi, ci fu una serie di sorpassi e controsorpassi da urlo.

L’ultimo, rischiosissimo, convinse Gilles che Didier non stava scherzando. E il francese vinse. “Fu tradito dal box”, dice a fianco di Forghieri Francesco Zironi, titolare delle Ceramiche Piemme, ultimo sponsor di Villeneuve. Un mistero mai del tutto chiarito, se fu errore o una scelta a danno del pilota che a breve, morendo, sarebbe entrato definitivamente nel mito. Lo stesso Piero Ferrari non aiuta a capire. Non vuole nemmeno pensare a quell’8 maggio 1982. Sono 30 anni da allora. E negli occhi del non più giovane Jacques c’é la luce triste e sognante di un bimbo che ricorda un papà abituato a spingere il pedale a fondo, fino a morirne. Come sarebbe ‘morto’ lui, in una F1 meno sicura.

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