Attentato Adinolfi, salto di qualità degli anarchici

ROMA – E alla fine gli anarco-insurrezionalisti impugnarono le pistole. Il temuto ‘salto di qualità’ della Federazione anarchica informale – dopo anni di plichi esplosivi – si è materializzato sabato scorso a Genova, con la gambizzazione dell’ad di Ansaldo Nucleare, Roberto Adinolfi. Un cambio di passo intestato ad ”una nuova anarchia”, come si legge nella rivendicazione, che nell’acceso dibattito interno al mondo antagonista sceglie di impugnare le armi contro quello che definisce ”anarchismo insurrezionalista di facciata”.
Poca sorpresa, dunque, tra investigatori e 007, che da dieci anni – nel 2003 il battesimo, con due pentole esplosive piazzate vicino a casa di Romano Prodi – seguono l’evoluzione della galassia Fai, affetta da grafomania come tutto il mondo anarchico. Documenti, proclami, rivendicazioni, discussioni: tutto sul web, tutto pubblico. Intenzioni, obiettivi, programmi. Proprio dall’analisi di questa corposa documentazione era emersa – ed il capo della polizia, Antonio Manganelli, aveva messo in guardia il Parlamento nel corso di un’audizione alla Camera dal concreto rischio di ”assassinio” – l’evoluzione in corso della minaccia anarchica.
– Se finora non hanno ucciso – parole di Manganelli – è stato un caso. La Fai ha aderito alle Cellule della cospirazione di fuoco greche che ha proposto di formare un network internazionale per fare azioni violente antisistema.
‘Non dite che siamo pochi’ è il titolo del documento chiave, risalente allo scorso anno, siglato – come quello di oggi – Fai/Fronte rivoluzionario internazionale. Nel testo si prendono le distanze dal ”vecchio anarchismo ammorbato dal burocratismo assembleare” e si inneggia ad ”un nuovo insurrezionalismo che sta nascendo”. La cui prima caratteristica ”indispensabile e imprescindibile” è ”l’azione diretta distruttiva”, che ”può andare dal lancio di una molotov all’assassinio, senza alcuna gerarchia di importanza, ogni gruppo o individuo deciderà come meglio vorrà”. Un cambio di strategia, dunque, notano con preoccupazione fonti di sicurezza, che con la gambizzazione di Adinolfi ha messo a segno il primo colpo, dimostrando come gli anarchici della Fai abbiano ”alzato il tiro e deciso di abbracciare la lotta armata”. E con la rivendicazione hanno cercato esplicitamente ”complicità”, annunciando nuovi attacchi e ribadendo la vocazione internazionalista.
Tanto visibili e presenti sul web, quanto fantasmi imprendibili nella realtà, gli aderenti alla Fai – si ipotizzano cento-duecento persone – sono finora sempre sfuggiti alle forze dell’ordine. Per loro, poco strutturati per definizione, è in ogni caso difficile – una volta individuati – dimostrare il vincolo associativo ed il capo della polizia aveva auspicato l’introduzione di una figura normativa specifica per perseguirli più efficacemente. Se finora, comunque, le azioni degli anarchici erano state relativamente ‘sicure’, limitandosi alla spedizione o al posizionamento di ordigni, il passaggio alla lotta armata potrebbe esporli a maggiori rischi.

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