Sequestro Bortolotti, proseguono le trattative per liberarla

CARACAS – Gina Bortolotti, l’italo-venezualana rapita il 9 maggio a Maracaibo, nello stato Zulia, è ancora in mano ai sequestratori.

Le trattative per la liberazione della donna, 36 anni, continuano. La scorsa settimana i criminali hanno contattato i familiari della vittima per chiedere un riscatto ma i Bortolotti, come ripete incessantemente la madre di Gina e come conferma alla ‘Voce’ Giuseppe Scrima, l’Esperto Antisequestro dell’Ambasciata d’Italia, “non dispongono di grandi quantità di denaro. E la somma richiesta per la liberazione di Gina è certamente una somma ingente, che supera le possibilità della famiglia”.

I Bortolotti, infatti, iniziarono ad avere problemi economici tre anni fa quando il padre di Gina, Nino, rimase per molto tempo in ospedale a causa di un ictus. Parallelamente allo stato di salute dell’uomo, sono peggiorate anche le condizioni economiche della famiglia, tanto che Gina ha dovuto lasciare l’università e iniziare a lavorare nell’autoricambio di proprietà del padre, all’uscita del quale è stata sequestrata. Una volta esaurita la copertura dell’assicurazione sanitaria, i Bortolotti sono stati costretti a vendere molto di quello che possedevano per poter coprire le spese.

I quattro malviventi che, armati di fucili d’assalto AK47 – veri e propri armamenti da guerra utilizzati dalla Fuerza Armada Nacional Bolivariana – hanno intercettato la connazionale ormai venti giorni fa, probabilmente hanno “confuso proprietà con liquidità”.

– Spesso i sequestratori vedono che una persona ha delle proprietà – precisa Scrima – e pensano che abbia molti soldi in banca. Ma possedere degli immobili non significa disporre di contanti, o per lo meno non significa poterli avere in poco tempo come pretendono i criminali.

Intanto, amici e familiari di Gina hanno realizzato il 18 e 19 maggio scorsi un colletta per raccogliere i fondi necessari alla liberazione della donna. Con striscioni e palloncini, la gente è scesa in strada e ha protestato contro la violenza, gridato rabbia per l’ennesima ingiustizia, chiesto la liberazione della vittima, madre di due bambini di 12 e 14 anni. In testa alla manifestazione, lungo l’Av. 5 de Julio di Maracaibo, c’era Silvia, la madre di Gina Bortolotti presente al momento del sequestro.

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Gli agenti del Cicpc e di Polimaracaibo continuano intanto la ricerca della donna, perlustrando la zona anche con l’ausilio di un elicottero municipale. Scrima, che come Esperto Antisequestro si occupa principalmente di assistere le famiglie delle vittime e di convincerle a rivolgersi alle autorità locali, sembra ottimista.

– Il Cicpc è un corpo specializzato composto da uomini di valore e lunga esperienza, che per le sue indagini si avvale delle ultime tecnologie – commenta -. Abbiamo un buonissimo rapporto di fiducia reciproca e collaborazione.

Scrima spiega che l’obiettivo suo e delle forze dell’ordine venezuelane è la liberazione dell’ostaggio senza il pagamento di un riscatto da parte della famiglia, quest’ultimo “l’ultima possibilità, da effettuare quando non ci sono più margini per localizzare la vittima”. E nella maggior parte dei casi in cui agisce la polizia, assicura Scrima, l’obiettivo viene raggiunto.

Nel 2012, i sequestri di persona di cui si è occupato l’Esperto dell’Ambasciata d’Italia sono stati otto: tre nello stato Zulia, tre a Miranda, uno a Mérida e uno a Falcón. Di questi, si sono conclusi in tragedia il sequestro express dell’italo-venezuelano Libero Iaizzo (manager della storica band venezuelana ‘Caramelos de Cianuro’, rapito ed assassinato nella città di Merida lo scorso 23 marzo) e il rapimento dei coniugi Salvatore Di Pietro e Teresa del Savio Esposito (52 e 55 anni, della provincia di Caserta, sequestrati la notte del 18 maggio a Maracaibo e ritrovati il mattino seguente senza vita e ammanettati su una spiaggia nella regione Guajira dello stato Zulia, morti per annegamento). I casi restanti si sono conclusi con la liberazione dell’ostaggio e senza il pagamento di un riscatto.

Con tre morti su un totale di otto connazionali sequestrati, quella del 2012 è una media alta se comparata con i dati degli anni precedenti. Nel 2011, infatti, si è registrato un omicidio su 13 rapimenti, uno su 15 nel 2010. Nel 2009 sono stati rilasciati tutti i 23 italiani o italo-venezuelani sequestrati, mentre nel 2008 su un totale di 40 sequestri si conta un solo caso di morte. Due gli omicidi nel 2007, cinque invece nel 2006.

Anche se negli ultimi anni non si sono mai registrati sequestri negli stati Falcón o Sucre, mentre nello Zulia solo nel 2008 ci sono stati ben 12 casi di connazionali rapiti, non esistono, secondo Scrima, regioni più pericolose di altre. L’anno scorso, per esempio, gli italiani sequestrati risiedevano tutti in zone diverse del Paese. I trend regionali sarebbero dovuti alla consistenza della comunità italiana residente e alla posizione economica delle singole famiglie.

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Attualmente l’Esperto dell’Ambasciata si sta occupando anche del caso di Edgar Alexander López Araque, 39 anni, allevatore  sposato con una cittadina italiana. L’uomo, proprietario della fattoria ‘Santa Teresa’ e di discreta posizione economica, è stato rapito a Mérida il 14 aprile scorso. Sono in corso trattative per la sua liberazione ma quella di Mérida è una zona montagnosa, sulle Ande, e la logistica favorisce i sequestratori: mantenere nascosto un ostaggio è un’operazione a basso costo e i malviventi, senza l’acqua alla gola, allungano i tempi delle trattative sperando di riscuotere un riscatto.

Monica Vistali

L’omicidio Giandoli commuove
la collettività italiana di Maracay
CARACAS – Si sono svolti lunedì i funerali di Matteo Giandoli, il giovane connazionale ucciso sabato pomeriggio durante uno scontro a fuoco in una pasticceria di Maracay proprietà di un cittadino italiano. Alla commovente cerimonia ha assistito numerosa la collettività italiana della zona, in lutto per quella che è l’ennesima tragedia del gioco triste e fatale delle armi.

Il connazionale, solo 26 anni, stava infatti prendendo un caffè con un amico ed alcune amiche quando un rapinatore si è avvicinato intimando al gruppo di consegnare tutti gli oggetti di valore, denaro e chiavi della macchina compresi. Con in mano il bottino, il delinquente si stava allontanando dal locale  quando, all’improvviso, l’amico di Matteo, Sebastián

Darnadelli, anche lui di origini italiane, ha sfoderato una pistola ed ha sparato contro il malvivente, ferendolo.
Il complice – che aspettava il ladro su una motocicletta Jaguar color blu – ha immediatamente risposto con le armi innescando il fatale scontro a fuoco. Sarebbero partiti almeno una trentina di proiettili. Matteo è rimasto colpito da due pallottole: una alla testa, mortale, e l’altra alla spalla. Soccorso dagli impiegati della pasticceria, è deceduto poco dopo nella ‘Clinica La Maternidad La Floresta’. Le chiavi della sua macchina sono rimaste al suolo, sulla terrazza della pasticceria dove stava prendendo un caffè prima di morire.

Il padre di Matteo Giandoli è originario di Avellino. Il giovane stava per avere il passaporto italiano.
La polizia di Aragua e il Cicpc stanno svolgendo le indagini, ad aiutarli i video delle telecamere di sicurezza presenti nell’area. Uno dei due malviventi indossava un giubbotto con la scritta ‘Mototaxi’.

M.V.

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