Dopo le proteste anti multinazionale in Perù

LIMA – Una calma apparente si respira a Espinar, sulle Ande sud-orientali del Perù, dove la polizia presidia in modo massiccio il territorio dopo la proclamazione dello stato d’emergenza seguita alle proteste contro l’azienda mineraria svizzera Xstrata che hanno provocato almeno due vittime tra la popolazione e decine di feriti. L’organizzazione civica ‘Frente de Defensa de Espinar’, sostenuta dagli abitanti e dalle autorità locali, denuncia da tempo la contaminazione dei fiumi Salado e Cañipía attribuendola al giacimento di rame di Tintaya, gestito da Xstrata, chiede un nuovo studio di impatto ambientale e che l’azienda aumenti dal 3 al 30% la percentuale di ricavi che destina volontariamente alle comunità locali in una zona ad alto tasso di povertà. Dopo i violenti scontri tra manifestanti e polizia di lunedì, la procura ha ordinato l’arresto di una ventina di persone, tra dirigenti civici e dimostranti, accusati di aver arrecato danni alle strutture dell’azienda svizzera e di aver appiccato il fuoco al veicolo di un magistrato. Tra gli arrestati figura anche il presidente del Frente de Defensa de Espinar, Herbert Huamán, fermato mentre si trovava in un centro medico parlando ai giornalisti.

Anche il Vicariato della solidarietà della Prelatura di Sicuani, organismo della Chiesa cattolica locale, conferma la notizia in circolazione dell’arresto di due suoi difensori dei diritti umani, Jaime Borda e Romualdo Ttito, fermati mentre accompagnavano il giudice Hector Herrera al campo minerario di Tintaya: “Ci sorprendono le accuse della polizia, che dice di aver trovato munizioni all’interno del veicolo della Prelatura; accuse che respingiamo fermamente” si legge nel comunicato. Negli ultimi anni, il Vicariato ha seguito da vicino i negoziati tra la popolazione e i vertici dell’azienda, partecipando anche alla supervisione degli impatti ambientali derivati dalle sue attività.

Un mandato di cattura penderebbe anche sul sindaco di Espinar, Oscar Mollohuanca, che ha fatto sapere di trovarsi “in clandestinità” per evitare la detenzione almeno fino a quando non avrà garanzie di un “giusto processo”. La presidenza del Consiglio dei ministri ha intanto informato che anche le Forze armate sono state autorizzate a intervenire in appoggio alla polizia per garantire il normale funzionamento dei servizi pubblici essenziali, bloccati da dieci giorni dallo sciopero indetto dai dirigenti civici.

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