Papa Ratzinger, un pontificato lungo quasi 8 anni

CITTA’ DEL VATICANO  – “L’umile operaio” smetterà di curare “la vigna del Signore” il 28 febbraio: Joseph Ratzinger, con la sua decisione a sorpresa, lascerà il soglio pontificio dopo quasi otto da quel 19 aprile 2005 in cui si affacciò alla loggia delle benedizioni stupito per essere stato scelto come successore di Karol Wojtyla: tanto poco se lo aspettava, da indossare un maglioncino di lana nera i cui polsini spuntavano sotto i nuovi abiti pontificali. Un papato non lungo che pure ha lasciato un segno nella Chiesa e nella immagine di questa nel mondo. E un ruolo nella storia per il Papa che ha deciso di “lasciare”.

In questi anni, il figlio di un poliziotto bavarese diventato guida di un miliardo di cattolici nel mondo ha incontrato milioni di persone; ha compiuto 24 viaggi internazionali prima sulle orme di Wojtyla e poi costruendo la propria visione della geografia universale della Chiesa, e 30 visite pastorali in Italia; ha scritto tre encicliche per dire che l’amore e la speranza non sono qualcosa, ma qualcuno, cioè Cristo, e per rinnovare la dottrina sociale di fronte a una crisi finanziaria globale.

Ha pubblicato la trilogia dedicata al Gesù di Nazaret per mostrare che la fede non è un elenco di proibizioni ma un rapporto di amicizia col Dio fatto uomo. In cinque concistori ha creato 90 nuovi cardinali in rappresentanza di tutti i continenti, per manifestare l’ attenzione della Chiesa per tutta l’umanità. Ha invocato pace e giustizia per il mondo, anche dalla tribuna dell’Onu durante il trionfale viaggio negli Stati Uniti del 2008, ha levato la voce in difesa dell’Africa, ha scritto una lettera ai cattolici cinesi, guardando sia ai cattolici del grande paese asiatico che al tema universale della libertà religiosa.

E’ entrato nelle sinagoghe di Colonia e New York e nella moschea blu di Istanbul. Con il viaggio in Turchia alla fine del 2006 ha ricucito i rapporti con il mondo islamico, raffreddatisi dopo la ”lectio magistralis” a Ratisbona, del settembre precedente, con la infelice citazione da Manuele Paleologo contro Maometto. Ma l’ anno successivo anche i musulmani moderati hanno guardato con perplessita’ al battesimo, la notte di Pasqua del 2008, in mondovisione, di Magdi Allam, convinto assertore del carattere violento dell’islam. Con il discusso ”motu proprio” ”Summorum pontificum” del 7 luglio 2007 ha liberalizzato la messa in latino sperando di sottrarre i tradizionalisti ai lefebvriani, ma finendo per scontentare i cattolici, sia ”progressisti” che ”conservatori”, che gli ebrei, questi ultimi per le parole latine della preghiera per gli ebrei del venerdì santo.

Ha affrontato con grande determinazione il riemergere dello scandalo dei preti pedofili in Europa e in Irlanda, nel 2009-2011, imprimendo una svolta nella coscienza e nella legge della Chiesa nei confronti di questi crimini. Un papato che si è confermato in continuità con quello del polacco Wojtyla, secondo la volontà dei cardinali hanno eletto l’arcivescovo bavarese, ma con tratti di originalità. Un papato che ha permesso a Ratzinger di sfatare l’immagine negativa di un’opinione pubblica che, in Vaticano ma anche in Germania, lo descriveva come il ”panzerkardinal’, radicalmente conservatore, rigido, freddo e scostante

Chi lo conosceva personalmente sapeva che tale immagine era completamente falsa, perchè il teologo divenuto papa era uomo sorridente, cordiale nelle relazioni personali e capace di attento ascolto di qualsiasi interlocutore. Forzando la propria timidezza innata Benedetto XVI ha imparato a rapportarsi anche ai gruppi e alle folle in modo convincente. Il fine intellettuale bavarese non è mai caduto nella tentazione di imitare l’ingombrante predecessore, amatissimo dopo quasi 27 anni di regno, il Wojtyla espansivo, un po’ attore e un po’ poeta, fine politico, capace di gesti dirompenti.

Da subito quindi il pontificato di Ratzinger è stato di parole più che di gesti, da ascoltare e interpretare più che da guardare, con anche qualche difficoltà per i media e il mondo dell’informazione a riferirne motivi e contenuti. Il primo anno di regno Benedetto XVI – nome scelto in ricordo del fondatore del monachesimo occidentale e del papa che condannò la prima guerra mondiale come ‘inutile strage’ – lo ha passato a tagliare il cordone ombelicale con papa Wojtyla: soprattutto con il primo viaggio internazionale a Colonia dove Wojtyla aveva convocato i ragazzi per la Giornata mondiale della gioventù, e con quello in Polonia, patria di Giovanni Paolo II. Per comprendere il pontificato di Benedetto XVI resta sicuramente centrale il suo primo discorso alla curia riunita per gli auguri natalizi, il 22 dicembre del 2005. Partendo dalle celebrazioni per i quaranta anni della conclusione del Concilio Vaticano II, Benedetto XVI ha contrapposto la ”ermeneutica della discontinuità e della rottura” alla ”ermeneutica della riforma”. Le due interpretazioni del Concilio, ha detto, si sono trovate a confronto e hanno litigato fra loro, l’una ha causato confusione, l’altra, silenziosamente ma sempre piu’ visibilmente, ha portato frutti”. La prima ”non di rado si e’ potuta avvalere della simpatia dei mass media e anche di parte della teologia moderna” ma ”rischia di far finire in una rottura tra Chiesa preconciliareÿ e Chiesa conciliare”.

Eletto il 19 aprile 2005, al termine di un rapido conclave, con solo quattro votazioni, il giorno successivo nell’omelia della messa con i cardinali elettori papa Ratzinger espone, in latino, una sorta di ‘manifesto’ del pontificato, centrandolo su impegno per ecumenismo, collegialità, dialogo con il mondo e con i giovani. Tra i primi atti del pontificato, il 13 maggio, l’ annuncio della apertura immediata della causa di beatificazione di Wojtyla, senza attendere i cinque anni dalla morte, e la nomina del suo successore come prefetto della Congregazione per la dottrina della fede dell’americano William Levada. Il 29 maggio, primo viaggio apostolico del pontificato, a Bari, per il congresso eucaristico nazionale. Il 9 giugno incontra i leader dell’ebraismo mondiale e afferma ”mai più shoah ed antisemitismo, continuerò il dialogo”. Il 24 giugno è al Quirinale, in visita di Stato alla nazione di cui è primate, e chiede che l’Italia non rinneghi la propria eredità cristiana.

La prima estate del pontificato registra alcuni incontri ”difficili”: il 26 agosto con la scrittrice Oriana Fallaci, il 29 agosto con i lefebrviani scismatici e il 23 settembre con il teologo ribelle Hans Kung.

Il 2006 si apre con la pubblicazione, il 25 gennaio, della prima enciclica, la ‘Deus Caritas est’, sui temi dell’amore e della giustizia. Il documento, che si articola in due parti, una più teologica e una più concreta, dà l’impressione di una struttura un po’ disarmonica. La prima sezione è di mano interamente papale, di gran respiro teologico. La seconda ha un approccio più pratico e riprende una intenzione di papa Wojtyla, forse addirittura dei suoi appunti o un suo schema.

Nelle prime pagine Ratzinger spiega di aver scelto l’amore come tema della sua prima enciclica perchè viviamo in un mondo in cui Dio vuole dire spesso ”vendetta o persino con il dovere dell’odio e della violenza”. Nella sezione sulla carità sociale Benedetto XVI ha parole molto dure verso quegli Stati che non agiscono secondo giustizia e li paragona a ”una banda di ladri”. Il 14 febbraio successivo, il Papa conferma il card. Ruini alla presidenza della Cei, dove il porporato emiliano siede da 15 anni. Il Papa tedesco sarà sempre in sintonia con i vescovi italiani e con la Cei, anche dopo l’avvicendarsi alla presidenza, nel marzo 2007, dell’arcivescovo di Genova Angelo Bagnasco. Nel suo intervento al convegno ecclesiale nazionale di Verona, nell’autunno del 2006, traccerà le linee della presenza cattolica nella società italiana, in totale sintonia con l’ episcopato e con un discorso dai toni completamente ruiniani. La sempre annunciata riforma della curia romana non si farà mai in modo radicale. Papa Ratzinger si limiterà a nominare uomini che conosce e di cui si fida in posti chiave, come, nel giugno 2006, Tarcisio Bertone alla segreteria di Stato. Una piccola rivoluzione tutta ratzngeriana è invece la nomina al vertice dell’Osservatore romano, nel novembre 2007, dopo 23 anni di direzione Mario Agnes, di Giovanni Maria Vian, affiancato dal vicedirettore Carlo Di Cicco, che in poco tempo cambiano radicalmente il giornale del Papa, sia nei contenuti – con una grandissima attenzione alla situazione internazionale – che nelle firme, aprendo a collaboratori di altre religioni ed esperienze.

Con la direzione Vian inoltre viene assunta una donna come redattrice. Il 2007 si ricorda in particolare per il motu proprio ”Summorum pontificum” del 9 luglio che liberalizza la messa in latino e per la lettera ai cattolici cinesi del 30 giugno, in cui il Papa tende una mano al governo di Pechino, pur mettendo nero su bianco le difficoltà della Chiesa in Cina e in genere del popolo cinese. E il 30 novembre esce la seconda enciclica del pontificato, la Spe salvi, nella speranza siamo stati salvati’, uno dei testi più belli e profondi del pontificato ratzingeriano.  Anche il 2008 sarà per il Papa pieno di gesti di attenzione verso la Cina, dall’ospitare in Vaticano un concerto della Orchestra filarmonica di Pechino e cinquecento cinesi, ai reiterati appelli a sostegno del Paese colpito dal terremoto.

In Camerun e Angola Benedetto XVI ha parole profetiche per il riscatto del grande continente malato e per le responsabilità dell’Occidente nei confronti di questo. Nella enciclica riafferma con forza la destinazione universale dei beni della terra e critica con precisione le cause della crisi finanziaria mondiale. Il 2009 eè anche l’anno del viaggio in Terra Santa, ricchissimo di spunti per il rapporto con ebraismo e islam e di risvolti politico diplomatici nei rapporti con Israele e con l’Autorita’ nazionale palestinese.

Il 2011 vede la pubblicazione della seconda parte del Gesù di Nazareth, una sempre più determinata azione contro la pedofilia e la beatificazione di Giovanni Paolo II, primo caso in epoca moderna di un papa che beatifichi il suo predecessore.

Infine nel 2012, con il terzo libro del Gesù di Nazareth e il viaggio in Libano dove ha segnato una forte vicinanza con i cristiani che vivono nel mondo musulmano. Un anno che ha visto, pero’ anche la difficile situazione di Vatileaks e del processo al suo maggiordomo, Paolo Gabriele, “graziato” prima di Natale. Infine lo “sbarco” su twitter.  Eletto a 79 anni e consapevole di non avere troppe energie da spendere, Benedetto XVI non ha comunque rinunciato al pontificato itinerante affermato da Wojtyla, e si è concentrato su non molti viaggi internazionali, anche qui perfezionando il proprio approccio alle folle e il proprio proporsi alla opinione pubblica mondiale, sia cattolica che non. Nei primi viaggi ci sono state alcune incertezze e qualche incidente, come la citazione anti Maometto di un imperatore bizantino che nella conferenza davanti agli accademici di Ratisbona ha scatenato le ire del mondo islamico. Nelle ultime missioni invece ha trovato un suo registro, fino al successo del viaggio in Gran Bretagna (Settembre 2010) partito sotto pessimi auspici e che invece registrato attenzione nell’opinione pubblica e nelle istituzioni civili e religiose. Alla ”politica internazionale” di Ratzinger inoltre hanno contribuito non solo i viaggi, ma anche numerosi interventi rivolti al Corpo diplomatico o alle istituzioni, in cui è risaltata l’importanza attribuita dal Papa alla questione ecologica e ambientale.

 

Lascia un commento