Atletica, morte Mennea: quel 19”72 che cambio la storia

ROMA – Ci sono stati i ‘10 giorni che sconvolsero il mondo’ ma nell’atletica sono bastati appena 19 secondi e 72 centesimi per entrare nell’Olimpo e nella storia. Capitò a Pietro Mennea quel 12 settembre del1979, inoccasione della finale dei 200 metri alle Universiadi di Città del Messico. Quel giorno il 27enne di Barletta decise che si potevano correre i 200 metri alla velocità della luce: record mondiale e medaglia d’oro al collo.

Da quel giorno il tempo di Mennea non fu mai più raggiunto da un atleta del vecchio continente, mai più da un bianco. Ci vollero invece ben 17 anni perché l’impresa di togliere a Mennea il record mondiale riuscisse a un afro-americano, Michael Johnson, il 23 giugno del 1996. E’ tutt’ora primato europeo, dopo quasi 34 anni.

La gara dei 200 metri è quella che, storicamente e statisticamente, fornisce le migliori prestazioni sulla velocità pura. Per questo Pietro Mennea è stato considerato l’uomo più veloce del creato, potendo vantare una media, sulla distanza, di36,51 km/h. Partenza lenta, sensazione di non potercela fare in curva, con la spalla sinistra più bassa per contenere la sbandata (si disse anche che l’aveva ‘tagliata’, tanto ci si imbucò veloce), e poi una progressione irresistibile con quel suo modo di correre, tignoso e rabbioso, negli ultimi 50 metri, talmente irresistibile da consentirgli di tagliare il traguardo con 4 metri di vantaggio sul secondo, il polacco Lazek Dunecki.

Quel record (favorito da un vento a favore di 1.8 metri) resistette per ben 17 anni, ma va tenuto conto del fatto che fu ottenuto correndo a oltre duemila metri di quota, quindi con l’aria rarefatta, come del resto il precedente primato, stabilito da Tommie Smith sempre a Città del Messico.

Quella corsa, quel giorno, il 12 settembre 1979, raccontataci in diretta tv dalla voce travolgente e incredula di quel grande telecronista di Paolo Rosi emoziona ancora oggi.

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