M.O.: Obama media la pace tra Israele e Turchia

TEL AVIV  – ‘Pace’ tra Israele e Turchia. Dopo lo storico discorso di Gerusalemme, il presidente Usa Barack Obama – al suo ultimo giorno di visita in Israele prima di partire per la Giordania – scioglie un nodo diplomatico internazionale di grande rilevanza e riavvia i rapporti tra i due Paesi, congelati dopo la vicenda dell’assalto alla Mavi Marmara del 2010.

Il premier Benyamin Netanyahu ha telefonato – 30 minuti di conversazione, sotto gli occhi di Obama – al presidente turco Recep Tayyip Erdogan porgendogli le scuse (invocate da tempo e ora accettate) per la morte dei 9 attivisti morti nell’attracco israeliano alla nave, decisa a forzare il blocco imposto a Gaza. Ora Israele e Turchia torneranno a ”normali relazioni diplomatiche” e si scambieranno gli ambasciatori.

Nella telefonata al leader turco, Netanyahu ha chiarito che ”le conseguenze tragiche della navigazione della Mavi Marmara” non sono state ”premeditate”. Poi ha ammesso ”errori operativi” in quell’incidente e per questo si è scusato ”con il popolo turco, per ogni errore che potrebbe aver causato le perdite umane”. Alle parole ha accompagnato la promessa di completare un accordo sui risarcimenti. Inoltre, il premier israeliano ha anche riferito a Erdogan di aver ordinato una serie di facilitazioni per lo spostamento di merci e persone dai Territori che resteranno in vigore se nei Territori ci sarà una situazione di calma.

Una mossa vincente quella di ieri che lo stesso ufficio del premier israeliano ha ammesso essere collegata direttamente alle ”buone conversazioni avute” con il capo della Casa Bianca, dedicate ad un rafforzamento della cooperazione regionale. Lo sblocco della vicenda sembra essere stato avviato già nell’incontro avuto da Obama con Netanyahu a Gerusalemme e si sarebbe concretizzato – hanno riportato fonti americane citate dalla stampa israeliana – prima che Obama stesso, di ritorno da una visita alla Basilica della Natività a Betlemme, volasse per la Giordania.

Netanyahu avrebbe infatti composto il numero di Erdogan direttamente da un padiglione dell’aeroporto Ben Gurion: poi il presidente Usa si sarebbe aggiunto alla conversazione. Del resto, in un comunicato ufficiale, gli Usa hanno sottolineato di dare ”un importante valore alla stretta partnership fra Turchia e Israele” e ”grande importanza al ripristino di rapporti positivi fra loro per portare avanti la pace e la sicurezza”.

– Sono fiducioso – ha affermato Obama – che lo scambio odierno possa consentire loro di impegnarsi a una più profonda cooperazione.

L’inquilino della Casa Bianca porta così a casa un risultato concreto – oltre i semi di speranza diffusi dal suo discorso dell’altro giorno, pubblicato per intero da quasi tutta la stampa israeliana – di grande importanza strategica che rimuove, a giudizio di molti, un macigno nei rapporti tra due potenze regionali alle quali la superpotenza americana tiene. Un risultato importante ottenuto, inoltre, nonostante le recenti affermazioni del presidente turco sul sionismo come ”crimine contro l’umanita’ ”.

In questo senso Obama – oggi al Mausoleo della Memoria di Yad Vashem a Gerusalemme – ha anche corretto le sue dichiarazioni del Cairo di quattro anni fa: lo Stato d’Israele ”non esiste a causa della Shoah”. Al contrario, ”grazie all’esistenza oggi di un Israele forte, una nuova Shoah non si ripeterà”.

Nel pomeriggio di ieri è volato in Giordania, uno dei pochi Paesi della regione solo sfiorati dal vento della Primavera araba. In un colloquio ad Amman con re Abdallah – centrato prevalentemente sul drammatico conflitto siriano – Obama ha espresso tutta la ”preoccupazione” americana sulla possibilità che ”estremisti jihadisti” possano prendere il potere nel caso in cui Assad dovesse alla fine cadere. Infine un nuovo appello all’Iran sul dossier nucleare, sospettato di avere finalità militari: il problema é “risolvibile” attraverso i negoziati, ha premesso, aggiungendo tuttavia che tutte le opzioni restano sul tavolo.

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