Sono 375 mila i laziali sparsi nel mondo

ROMA – È stato presentato il secondo rapporto “Il Lazio nel Mondo. Immigrazione ed emigrazione” dell’Assessorato alle Politiche sociali della Regione Lazio.

Le chiavi di lettura contenute nel Rapporto presentano la regione non solo come una terra dalla storia secolare ma anche, da diversi decenni, come centro di attrazione, come già avvenuto nelle grandi città europee. Gli immigrati provengono da tutto il mondo spinti dal desiderio di una vita migliore e ricordano che così è stato anche in regione per tanti immigrati partiti dalla Ciociaria e da altri comuni. La presenza degli immigrati, secondo Rita Visini, Assessore regionale alle Politche Sociali, “stimola a pensare in grande, a rinnovare il passato, a essere creativi e non ripetitivi”, facendoci carico della loro tutela.

Un po’ di storia
L’emigrazione dei laziali iniziò fin dall’Unità d’Italia e nella provincia di Frosinone indusse lo spopolamento di diversi comuni della zona di Sora e della valle del Comino. Si partiva per lavorare come braccianti agricoli e manovali, artigiani e ambulanti, negozianti e gelatai, e anche come domestiche, casalinghe e minori (nelle vetrerie di Parigi e di Lione). Non mancavano quelli che oggi chiameremmo gli artisti di strada. Nel 1876, la gendarmeria parigina registrò 12mila artisti girovaghi ciociari, costretti a dormire all’addiaccio: giocolieri, pifferai, musicanti, cantanti, ballerini, suonatori di organetto, ambulanti, spesso con cani o scimmie al seguito. L’emigrazione continuò anche nel periodo successivo alla seconda guerra mondiale e il picco si ebbe negli anni ’60 (43mila cancellazioni per l’estero). A emigrare erano i più poveri e i meno istruiti: la Missione Cattolica Italiana di Parigi parlava, con realismo, di persone “trés chrétiens, mais ni instruits ni cultivés”. Si emigrava praticamente da tutti i comuni laziali, ma specialmente da Cassino e da Sora, aree devastate dalla guerra.

Secondo stime, nel 2000 i laziali nel mondo erano 196mila, residenti in 183 Paesi del mondo. L’esodo continuò tra il 2000 al 2010, quando a trasferire la residenza furono 47.209 laziali (su un totale nazionale di 450.161 persone) a fronte di 35.138 corregionali rimpatriati (su totale nazionale 404.952 persone). La media fu di oltre 4mila espatri l’anno in uscita e 3mila rientri, mentre attualmente la quantificazione è più difficile perché specialmente i giovani non si cancellano dall’anagrafe al momento dell’espatrio.

Al 1° gennaio 2012 sono risultati 375.510 i laziali all’estero, quasi un decimo rispetto ai 4,2 milioni di italiani iscritti all’anagrafe degli italiani residenti all’estero. Dopo la Sicilia, la Campania e la Calabria, il Lazio si afferma quarta regione con una presenza di emigrati così caratterizzata: gli ultrasessantacinquenni, a differenza di quanto avviene in Italia, non prevalgono sui minori (entrambe le classi di età si attestano sul 16%); le seconde generazioni sono maggioritarie (il 61,3% degli iscritti è nato all’estero); per lo più si tratta di celibi e di nubili (65,9%); i maschi incidono per il 51,2%. Si tratta inoltre di una comunità in continuo movimento (per nascita o per emigrazione) e il 44,5% degli iscritti è stato registrato negli ultimi cinque anni (e di essi, il 26% nell’ultimo anno). Gli insediamenti riguardano in prevalenza l’America (233.971 presenze e 62,3%) e l’Europa (118.188 presenze e 31,4%), rispettivamente con la prima collettività in Brasile e in Francia. Quanto ai comuni più coinvolti sono quelli della provincia di Frosinone (ma anche Latina è ben rappresentata), mentre Roma è al primo posto anche a seguito dell’attribuzione residuale dei casi incerti; rispetto a quelli rimasti sul posto, per diversi comuni il numero dei residenti all’estero è superiore (Casalattico e San Biagio Saracinisco) o pari o quasi pari (Terelle e Settefrati, Acquafondata, Terelle, Settefrati). Singolare è il caso di Pisterzo, che conta a Montreal 5.000 persone originarie del comune a fronte di appena 80 abitanti rimasti in Italia. Sono numerose infine le associazioni di emigrati laziali iscritte al registro della Regione Lazio, che fanno capo all’omonima Consulta: 15 in Europa, 27 in Australia, 17 in Sud America, 5 negli Stati Uniti, 35 in Canada, 1 in Sud Africa.

L’immigrazione
Per presentare l’attrattività dell’area romano-laziale nei confronti degli immigrati, oltre che alla recente emigrazione dei laziali, può tornare utile un riferimento ai tempi di Augusto, quando Roma contava 1 milione di abitanti ed era polo di attrazione per tutti i popoli del mondo.

Oggi, come avveniva per i ciociari, gli immigrati esteri provengono da aree del mondo contrassegnate da forti disagi economici e occupazionali e sono spinti dal desiderio di un futuro migliore, rendendosi utili, con le rimesse, anche per i loro Paesi.

Se alla fine degli anni ’90 solo un sesto degli immigrati soggiornanti in provincia di Roma viveva al di fuori della Capitale, oggi si tratta di un terzo e ciò induce a parlare di un “polo romano-laziale” tripartito: da una parte la città di Roma, contesto di assoluta priorità nel panorama migratorio; quindi, i comuni di cintura, strettamente collegati con la Capitale; infine, le altre province, che, pur con caratteristiche specifiche rispetto a Roma, con essa sperimentano una crescente simbiosi. Sono ormai molti gli immigrati, che di giorno lavorano nella Capitale e di sera ritornano nei comuni dove abitano.

Gli immigrati per il 37,0% sono operai e per un altro 33,2% svolgono professioni non qualificate (manovale, bracciante, collaboratore domestico, ecc.); mentre un quinto di essi lavora la sera.

Il Lazio è passato da 167mila nel 2002 a 543mila residenti stranieri nel 2010, e la provincia di Roma da 142mila a 442mila residenti, con 252mila famiglie che hanno almeno un componente straniero al proprio interno (il 32,9% degli immigrati è coniugato). Ne è derivato un effetto di ringiovanimento della popolazione; gli immigrati hanno 10 anni in meno rispetto agli italiani e incidono di meno sui flussi di pensionamento.

In regione, la prima collettività, con quasi 200mila unità, è quella romena (anche la prima per numero di infortuni: 1.744, pari a un terzo delle denunce riguardanti i lavoratori nati all’estero). Queste le altre principali provenienze: 40mila immigrati dalle Filippine; 20mila da Polonia, Bangladesh, Albania, Ucraina, Cina e India; 15mila da Perù, Moldova ed Egitto; 10mila da Marocco e Sri Lanka; 5mila da Ecuador, Tunisia, Brasile e Macedonia.

Il modello d’integrazione degli immigrati nell’area romano-laziale, analizzato secondo gli indici del CNEL, mostra che in regione l’indice di inserimento sociale (che misura il grado di accesso degli immigrati ad alcuni beni e servizi fondamentali di welfare come, ad esempio, la casa e la scuola) non è soddisfacente e relega il Lazio all’ultima posizione in graduatoria e, tra l’altro, a Roma la situazione è peggiore rispetto alle altre province laziali.

La Provincia di Roma continua ad essere il principale polo italiano di partenza delle rimesse verso l’estero con l’invio di ben 2.040.017.000,00 euro nel 2011 (27,6% su 7,4 miliardi complessivi), più di un quarto degli invii di denaro degli immigrati presenti in Italia, in prevalenza verso l’Asia (73,3%).

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