Il lavoro cresce ma… solo nelle piccole imprese

VENEZIA – Il mercato del lavoro ai tempi della crisi cambia e mette in evidenza, nell’offerta di occupazione, il ruolo delle piccole imprese, capaci di assorbire manodopera mentre sul fronte delle professioni la laurea sembra una sorta di ostacolo piuttosto che un’agevolazione, e per di più frustrante. E’ il mix degli elementi di due ricerche, una a cura della Cgia di Mestre che indica come il 64% dei nuovi occupati, tra il 2001 e il 2011, sia appannaggio delle Pmi mentre per Unioncamere, rapporto 2013, nel settore privati su 10 dipendenti solo 2 sono quelli laureati, ponendo così l’Italia all’ultimo posto nell’Ue.

Per la Cgia le imprese con meno di 50 addetti hanno creato più del doppio dei posti di lavoro ‘prodotti’ dalle grandi aziende ovvero quasi 457.200 nuovi occupati, mentre le seconde ‘solo’ poco più di 212.600. A livello territoriale le Regioni dove le Pmi si sono dimostrate più dinamiche sono al Centro-Sud: Lazio (+17,4%), Calabria (+14,4%) e Sicilia (+14%).

Sul fronte del ‘pezzo di carta’, è impietosa l’analisi di Unioncamere che certifica – tra i 15 e i 64 anni di età – come in Italia meno di 2 lavoratori dipendenti su 10 siano laureati, contro una media europea di 3 e punte di 4 su 10 in Gran Bretagna e Spagna. Ancora peggio poi se si nota che tra i lavoratori italiani dotati di laurea, molti svolgono attività che richiedono competenze minori per la mancanza di allineamento tra domanda ed offerta del mercato, con l’investimento nel capitale umano che paga sempre meno anche se fa eccezione il tipo di laurea che, se si stampo scientifico, incide favorevolmente.

A influire poi anche il gioco delle età con i più anziani, che vedono allontanarsi la pensione, e che tendono ad avere livelli di istruzioni più bassi, dato che la scolarizzazione di massa è un fenomeno relativamente recente in Italia. Restringendo l’analisi alla fascia 25-49 anni, quella maggiormente attiva, più giovane e potenzialmente con la laurea, il quadro non migliora molto. I laureati italiani, infatti, rappresentano solo il 20% degli occupati nel Paese, contro una media europea del 34,7%. Aumenta così la distanza con la ‘colta’ Gran Bretagna dove poco meno della metà (45,5%) dei lavoratori é laureata, seguita a breve distanza dagli spagnoli (43,8%).

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