Wikileaks, Bradley Manning: eroe o traditore?

WASHINGTON. – Bradley Manning, il militare americano di 25 anni reo confesso di essere la ‘talpa’ di Wikileaks, è stato condannato a 35 anni di carcere. La sentenza è stata emessa dalla Corte Marziale di Fort Meade, che ha così ridotto la richiesta del Procuratore che era di 60 anni, andando piuttosto incontro alla difesa, che di anni, ne aveva chiesti 25. Insomma, una condanna molto lontana dal massimo della pena che sulla carta poteva arrivare a 90 anni di carcere, praticamente l’ergastolo. La Corte, come ampiamente previsto, ha anche sancito la cacciata ”con disonore” dalle Forze Armate del militare autore della ‘soffiata’ più clamorosa della storia americana, dai tempi dei Pentagon Paper, con la diffusione online di oltre 700mila documenti top secret. Sui social network l’attesa è stata spasmodica: da mesi l’opinione pubblica americana e mondiale è stata divisa sul fatto se il soldato Manning sia un eroe o un traditore. Non a caso, proprio Wikileaks, il sito di Assange che ha pubblicato le carte segrete, definisce questa sentenza ”una vittoria strategica significativa”. Con una pena di questo rilievo, è possibile immaginare che tra dieci anni, Manning possa godere di sconti significativi. Sin dalle prime udienze, questo processo ha avuto un grande rilievo ”politico”. Lo scorso 30 luglio, i giudici risparmiarono Manning dall’accusa più grave, quella di alto tradimento per ”intelligenza con il nemico”, evitandogli così l’ergastolo. E inevitabilmente i 35 anni comminati, appaiono una pena moderata che risente del clima di scontro che si respira attorno a un altro caso di spionaggio ai danni dell’amministrazione americana, quello di Edward Snowden, l’ex analista della controversa National Security Agency (Nsa). Sia Amnesty International, sia i legali di Manning hanno chiesto un atto di clemenza al Presidente Obama ancora alla ricerca di un punto d’equilibrio tra tutela della sicurezza nazionale e privacy dei cittadini.

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