La Circoscrizione Estero

Coraggio e fermezza. Forse, anzi soprattutto, onestà intellettuale.  Il premier Enrico Letta ha sorpreso tutti. Stanco dei diktat e dei ricatti, ha rifiutato compromessi di comodo e mostrato coerenza, una virtù rara nella politica italiana – e ci sia permesso di dirlo con franchezza, non solo in quella italiana -. Così ha capito che era necessario ottenere un chiarimento dal Parlamento. E il chiarimento c’è stato. Nessun capolinea. Il suo esecutivo è stato riconfermato, senza se e senza ma. Dal confronto il governo Letta è uscito rafforzato e con una maggioranza diversa.

Così è stata evitata la crisi; quella crisi che tutti paventavano e che avrebbe avuto risvolti drammatici sia per l’economia del Belpaese, che presenta ancora un encefalogramma piatto, sia per l’Unione europea, la cui ripresa è ancora assai debole e precaria.

Concavo e convesso. Il Cav., che aveva provocato la crisi calpestando la dignità dei propri ministri, ha fatto dietrofront. E tra dubbi e incertezze, indecisioni e perplessità, ‘stop and go’, alla fine ha spiazzato tutti. Con un salto da vero acrobata ha votato la fiducia. Una fiducia che era comunque nei numeri. La mossa è costata cara all’ex premier. Di fatto, gli è costato il partito, ora dilaniato dalle lotte interne tra ‘falchi’ e colombe’; tra ‘radicali’ e ‘moderati’. Il Pdl, oggi, è diviso tra mille contraddizioni.

Scongiurato il pericolo di una crisi politica, che dentro e fuori del Belpaese nessuno voleva, tocca ora analizzare le mosse che dovrá fare il nuovo governo e quali saranno le conseguenze per le nostre comunità all’estero. Fermo restando che l’Italia soffrirà più di altre nazioni per superare le difficoltà economiche e che i provvedimenti del governo Letta avranno sicuramente risvolti pesanti sul budget destinato a noi, italiani all’estero; resta aperta la questione del “voto”.

Uno degli obiettivi dell’attuale esecutivo è una nuova legge elettorale; una legge elettorale che permetta ai governi di governare. I saggi, stando a quanto denunciato dai deputati del Partito Democratico eletti all’estero, avrebbero già suggerito di sopprimere la circoscrizione estero. Di fatto, senza privarci del voto ci condannano ad essere semplici spettatori. Insomma, ci degradano da attori a comparse, obbligandoci a votare non per i nostri rappresentanti, ma per i politici del Belpaese che poco o nulla sanno dei nostri problemi. Forse i saggi considerano che cancellando le nostre circoscrizioni si potrebbero risparmiare fondi ed evitare i brogli elettorali. Nulla di più sbagliato.  I brogli elettorali, ed in Venezuela ne sappiamo qualcosa, non sono figli delle circoscrizioni ma di una modalità di voto – leggasi, voto per corrispondenza – che va migliorata. Anzi, modificata. Lo stesso dicasi delle spese che comporta ogni processo elettorale.

Purtroppo, la sola azione dei nostri deputati e senatori non è sufficiente per contrastare una matrice di opinione ormai, a quanto pare, assai diffusa.  E’ necessario che le nostre comunità, se vogliono mantenere il “voto” e, quindi, la possibilità di avere una voce in Parlamento, facciano sentire la propria voce attraverso le istituzioni che le rappresentano: Cgie, Comites, associazioni, circoli e via di seguito.

In Venezuela, purtroppo, la nostra Comunità, almeno quella della circoscrizione Consolare di Caracas, è praticamente orfana dei suoi rappresentanti eletti. Ed allora tocca ai Comites di Maracaibo e Puerto Ordaz insieme alla comunità organizzata – leggasi, Centri Italo-Venezolani, Case d’Italia, circoli, associazioni regionali e chi più ne ha più ne metta – farsi eco delle preoccupazioni della Collettività. Insomma, riscattare quello che, fino a pochi anni fa, era stato il loro ruolo naturale: quello di cassa di risonanza delle aspirazioni e preoccupazioni degli italiani del Venezuela.

 

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