Terra dei Fuochi: Quei 158 fusti tossici. 22 anni fa l’inizio

ROMA. – L’inizio è un autista diventato cieco per aver trasportato 158 bidoni pieni di sostanze altamente tossiche provenienti da una ditta di Cuneo e sotterrati a Villarica: sei anni prima delle parole di Carmine Schiavone alla Commissione parlamentare d’inchiesta, desecretate ieri. A voler leggere le carte delle inchieste, tutto era chiaro almeno fin dal 1991, 22 anni fa, quando la camorra inizia scientificamente a trasformare la Campania in un immensa discarica, seppellendo in ogni buco ma anche sotto le strade e nelle vasche per l’allevamento dei pesci, tonnellate di rifiuti tossici, con la complicità di imprenditori e politici, messi nei posti chiave dai clan e pagati per collaborare. E’ il 4 febbraio del 1991 e alla clinica Pineta Grande di Castelvolturno si presenta Mario Tamburrino, autista di camion. Ai medici dice di aver avuto un fortissimo abbassamento della vista dopo aver scaricato i bidoni di scorie tossiche provenienti dalla ditta ‘Ecomovil’ di Cuneo nella discarica di Sant’Anastasia. Dopo 20 giorni gli investigatori scoprono però che il carico non é mai arrivato lì ma è stato sotterrato in un campo tra Qualiano e Villaricca. Tamburrino diverrà cieco ma il suo racconto apre gli occhi agli inquirenti, che hanno la conferma di quello che la gente dice da anni: ci sono migliaia di discariche abusive di rifiuti tossici utilizzate dalla camorra almeno fin dalla metà degli anni ’80. La svolta arriva però nel 1993, due anni dopo, grazie ai pentiti. Tra i primi c’è Nunzio Perrella che con le sue parole da il via alla prima indagine della procura di Napoli. Fu lui a rivelare che la discarica di Pianura era gestita dalla camorra e fu lui uno dei testimoni chiave dell’operazione Adelphi, che svelò gli intrecci tra camorra e politica. Poi arriva Carmine Schiavone, che non è un camorrista qualunque: é il cugino di Sandokan ed è quello che tiene i conti del clan dei Casalesi. Schiavone riempie decine di verbali e dalle sue parole scaturisce l’operazione ‘Spartacus’ che ha portato alla condanna nel 2005 di 91 persone, di cui 21 all’ergastolo, per un totale di 844 anni di reclusione. Nei suoi verbali c’è la genesi del disastro: la camorra, dice tra l’altro, “ha riempito gli scavi realizzati per la costruzione della superstrada Nola-Villa Literno sostituendo il terriccio con tonnellate di rifiuti trasportati da tutta Italia”. E le imprese che avevano ottenuto l’appalto per la realizzazione dell’opera, “oltre a subappaltare una parte dei lavori ad imprese legate al clan Schiavone, hanno pagato alla camorra tangenti pari al 3% sull’importo complessivo dell’appalto”. Alla Dia Carmine Schiavone, dice anche di essere in grado di indicare i siti in cui erano stati interrati residui tossico-nocivi o radioattivi. Il sistema, racconta, funziona così: il clan, dopo aver sfruttato in regime di monopolio le attività estrattive di sabbia e materiali inerti nelle cave del casertano, le ha in seguito convertite in discariche abusive. “L’area è piena di rifiuti che il clan sotterra nelle cave, dopo aver preso accordi con trasportatori provenienti da tutta Italia. Nelle cave e nelle vasche ittiche”. In fondo i bidoni, in superficie l’allevamento di pesci. Schiavone raccontò che anche gli scavi realizzati per il raddoppio della Roma-Napoli sono pieni di bidoni con sostanze di tutti i tipi. Ma il cugino di Sandokan parlò anche delle collusioni, dei rapporti di amministratori e imprenditori locali con il clan. Parole che hanno trovato conferma nelle inchieste degli ultimi venti anni. “Accanto a soggetti strettamente riconducibili ai clan – disse nel ’97 alla commissione parlamentare l’allora pm Napoli Melillo – ruota una quantità notevolissima di soggetti di impresa che hanno un proprio fine di partecipazione al profitto complessivo che riguarda il ciclo illecito dello smaltimento dei rifiuti”.

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