Datagate: Brasile ha spiato diplomatici stranieri

SAN PAOLO. – Anche il Brasile finisce nella lunga lista dei paesi “spioni”. L’Agenzia brasiliana di Intelligence (Abin) avrebbe spiato le attività di diplomatici stranieri accreditati nel paese: a rivelarlo è il quotidiano Folha de San Paulo, in base a un rapporto interno dell’organismo nel quale si descrivono in dettaglio tre operazioni svolte nel biennio 2003-2004 e riferite a rappresentanti di Russia, Iran e Iraq. Come sottolinea il giornale – solitamente critico con il governo di Dilma Roussef – si è trattato di operazioni “con caratteristiche modeste, nemmeno lontanamente comparabili con la sofisticazione della National Security Agency (Nsa) americana” del cosiddetto Datagate, che ha innescato una crisi politica fra Brasilia e Washington. In segno di protesta, Dilma Roussef ha annullato in settembre una sua missione negli Usa. Il quotidiano fa però notare che “il governo brasiliano, contrariamente a quanto suggerisce la retorica della presidente, non esita a mobilitare le sue agenzie di spionaggio contro altri stati, se percepisce una minaccia contro gli interessi del paese”. Il rapporto svelato include dettagli su tre operazioni: “Café”, il cui obiettivo erano i diplomatici iracheni; “Xà”, diretta a diplomatici iraniani e “Miucha/Guaranì”, riferita a quelli russi. Nel 2003, quando era presidente Lula, l’Abin pedinò tre diplomatici russi e rappresentanti di Rosoboronexport, l’agenzia russa che si occupa di esportazione di armamento, in base al sospetto che i funzionari stessero partecipando in attività di intelligence in Brasile. Nell’operazione “Xà” (2003-2004), il controspionaggio brasiliano si interessò dei contatti dei diplomatici iraniani a Brasilia, e monitorò la visita nel paese dell’allora ambasciatore iraniano a Cuba, Seyed Davud Mohseni Salehi: un agente dell’Abin intervistato dal quotidiano ha indicato che il pedinamento era stato probabilmente richiesto dai servizi di un altro paese, come spesso succede. In quanto agli iracheni, Folha ricorda che dopo l’invasione del 2003 “molti diplomatici hanno cercato rifugio in Brasile, e l’Abin fu mobilitata per seguirli”. Il Gabinetto di Sicurezza Instituzionale (Gsi) della presidenza, dal quale dipende direttamente l’Abin, ha confermato l’esistenza delle operazioni, sottolineando che si sono svolte nel totale rispetto della legge. In una nota inviata al giornale, il Gsi ha detto che “le operazioni citate da Folha sono in regola con la legislazione brasiliana per la protezione degli interessi nazionali”.

(Javier Fernandez/ANSA)

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