Prezzi ancora giù. Italia, paura deflazione

ROMA  – Una nuova gelata sui prezzi, in calo congiunturale per il terzo mese consecutivo, fa salire l’allarme sul rischio-deflazione, ancora tutto da decifrare. Al contrario l’Eurozona, trainata dalla Germania, vede un rimbalzo dell’inflazione e il Giappone, con lo stimolo senza precedenti della ‘Abenomics’, spera nell’uscita dal suo ‘ventennio perduto’.

I dati dell’Istat – accoppiati a una recessione che va avanti da fine 2011 e una disoccupazione record (12,5%) – fotografano una vera e propria gelata, fra consumi al palo, credito bancario in ritirata e l’onda lunga di un’inflazione corsa un po’ troppo in passato. A novembre i prezzi sono saliti di appena lo 0,6% annuo (0,8% a ottobre), al minimo da ottobre 2009. Su mese è -0,4%, calo più forte dal post-Lehman Brothers.

E’ un crollo rispetto ai prezzi al galoppo di oltre il 3% fino a 2012 inoltrato, in piena recessione. Una corsa che spiega molta della ‘disinflazione’ di oggi, tenendo conto del fatto che, dati Eurostat alla mano, il costo della vita in Italia resta su livelli ragguardevoli nonostante la crisi (104,7 nel 2012 contro 102 della Germania, 95,6 della Spagna o 109,3 della Francia). Ma resta una doccia fredda che riporta l’Italia indietro alla precedente recessione del 2008-2009, quando il tasso d’inflazione su base annua era sceso a zero. Che avviene nonostante l’aumento Iva dal 21 al 22% proprio a novembre. E che “coinvolge tutte le tipologie di beni e servizi”, spiega l’Istat riferendosi all’inflazione annua, mentre quella mensile coinvolge non solo l’energia ma anche le voci ‘ricreazione, spettacoli e cultura’, trasporti (-0,9%) e ristorazione (con una stretta dell’1,7%).

Per la maggioranza degli economisti non c’è rischio di deflazione, tecnicamente un calo generalizzato e durevole dei prezzi. Loredana Federico, di Unicredit, parla di un calo dell’inflazione dovuto a “fattori complessivamente temporanei destinati a esaurirsi”: dal prossimo mese “torneremo a vedere un’espansione dei prezzi mese su mese”.

Per Confcommercio, invece, i dati Istat riflettono “la gravità della crisi della domanda disegnando i primi tratti di un possibile scenario deflazionistico e depressivo che va con ogni mezzo scongiurato”. Al contrario Federconsumatori e Adusbef ritengono “fortemente sottostimato” il dato sull’inflazione rilevato dall’Istat, “in particolare quello relativo al carrello della spesa”, i prodotti comprati più speso che segnano +0,8%. Un rialzo che secondo Antonio Foccillo, segretario confederale Uil, testimonia la “stagnazione dei consumi” in un Paese dove “è cresciuta la povertà”, e che richiede un piano di intervento per rilanciare investimenti e aumentare salari e pensioni.

Con Francia, Grecia (prezzi in netto calo dalla scorsa primavera), Portogallo e altri, l’Italia si colloca fra i Paesi che portano giù l’inflazione media dell’Eurozona, a novembre allo 0,9%. Un dato che accelera da ottobre (0,7%) e che supera le previsioni degli analisti. Ma che resta comunque inferiore al ‘quasi 2%’ che è l’obiettivo della Bce.

L’Eurotower, che ha allo studio nuove misure di stimolo monetario, agirà già giovedì prossimo? difficile dirlo, perché sull’ago della bilancia pesa una Germania con inflazione in netto recupero (1,6% a novembre) e perché, dopo il taglio dei tassi di un mese fa, Mario Draghi preferirà forse non esaurire subito le ulteriori cartucce a sua disposizione. Ma proprio giovedì Draghi presenterà le nuove stime Bce su crescita e inflazione per 2013, 2014 e 2015: molto dipenderà proprio da questi scenari. E da un quadro globale sempre più complicato: mentre la Fed americana si avvia a ridimensionare la liquidità che pompa nel sistema finanziario dal 2008, il Giappone comincia a credere nel successo del mix di spesa pubblica, politica monetaria espansiva e riforme (finora mancate) della Abenomics. Il premier Shinzo Abe può festeggiare un’inflazione salita a ottobre allo 0,3% (0,9% senza gli alimentari), raggiungendo il massimo dal 1998, come un successo nel suo sforzo per portare il Paese fuori dal doppio “decennio perduto” di stagnazione e deflazione, cominciato negli anni ’90.

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